XVI LEGISLATURA – Resoconto stenografico dell’Assemblea
Seduta n. 133 di lunedì 16 febbraio 2009
Discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086 concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l’affermazione delle libertà democratiche in Birmania
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l’onorevole Zampa. Ne ha facoltà.
SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, vorrei anch’io tornare a ribadire lo spirito e il senso di questa mozione, che risponde ad una concorde volontà politica di questo Parlamento. L’iniziativa, il documento, hanno infatti trovato il sostegno di diversi gruppi parlamentari, di opposizione e di maggioranza, in maniera larga, decisamente ampia. Essa risponde alla concorde volontà politica di questo Parlamento, dicevo, di tenere alta l’attenzione sia dell’opinione pubblica sia, soprattutto, delle istituzioni e della comunità internazionale sulla dura, drammatica condizione della Birmania.
Il rischio infatti che scemi l’attenzione e l’impegno a far pressione sul regime militare che opprime la società birmana, negandole una condizione di libertà democratica, si fa reale con il manifestarsi di altri frequenti focolai di crisi e di guerra nel mondo.
I drammi che attraversano e avvolgono molte aree del mondo sono tali, purtroppo, da farci correre davvero il rischio di marginalizzare situazioni apparentemente meno critiche o, peggio ancora, il rischio di abituarci a tollerarle. È un rischio che non dobbiamo permettere si realizzi, visto che quando si è mosso qualcosa in Birmania – e qualcosa si è mosso – è stato dovuto, come autorevolmente sottolineato da più parti, alla costante iniziativa e alla pressione della comunità internazionale che, prima con l’attribuzione del premio Nobel a Aung San Suu Kyi (donna coraggiosa, straordinariamente coraggiosa), e poi dai giorni dei cortei dei monaci buddisti, non ha mai cessato di chiedere la libertà sia per il premio Nobel Aung San Suu Kyi (segretario generale della Lega nazionale per la democrazia, da più di tredici anni ingiustamente incarcerata per motivi politici), sia per le altre 2.120 persone che continuano a subire la detenzione in terribili condizioni solo per aver espresso il desiderio di portare la democrazia in Birmania, come ci ha ricordato di recente la risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre scorso.
Voglio ricordare, inoltre, che in occasione della sua audizione presso la Commissione affari esteri di questa Camera del luglio scorso, lo stesso inviato dell’Unione europea per la Birmania, Piero Fassino, ha richiamato noi tutti all’opportunità, non solo di consolidare l’azione umanitaria avviata dopo la catastrofe del ciclone Nargis, che ha prodotto 100 mila vittime e un milione di sfollati, ma di riaprire il dossier politico, favorendo il dialogo con tutti i settori della società birmana per la riconciliazione nazionale e la ricostruzione della democrazia (ciò, in vista, tra l’altro, delle elezioni del 2010 e con l’obiettivo di far sì che esse non si risolvano in una nuova sconfitta del progetto di una democrazia, del sogno di Aung San Suu Kyi per la Birmania).
È da ricordare ancora in questo contesto il paziente lavoro di tessitura condotto da Ibrahim Gambari, l’inviato speciale per la Birmania, nominato nel 2007 dal Segretario generale dell’ONU, che ha già compiuto due visite in Myanmar, e che si accinge a visitare nuovamente il Paese. Il paziente lavoro di Gambari è stato sostenuto da un’intensa azione diplomatica dell’Unione europea che, anche grazie al lavoro del suo inviato speciale, mira a garantire alla causa del ritorno alla democrazia della Birmania, l’influenza dell’ASEAN (l’Associazione regionale dei Paesi del sud-est asiatico) affinché svolga un ruolo di assistenza nella fase di dialogo.
È dei giorni scorsi (5 febbraio) una nuova risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei rifugiati birmani in Tailandia, con la quale gli Stati membri dell’Unione sono invitati a consolidare la posizione comune dell’Unione europea, alla luce della grande preoccupazione espressa dall’Agenzia delle Nazioni Unite per la condizione che i rifugiati vivono (arrivano, infatti, notizie di loro gravi maltrattamenti). Ed è ancora più recente, 13 febbraio scorso, la notizia della condanna ad un nuovo altro anno di arresti domiciliari per Tin Oo, l’ottantaduenne, numero due, della Lega nazionale per la democrazia, che fa capo ad Aung San Suu kyi (anche per Tin Oo gli arresti domiciliari decorrono dal 2004).
Dalla Birmania continuano, dunque, ad arrivare drammatiche notizie, ed è per questa ragione, ed è in questo contesto, che questa mozione intende sollecitare e impegnare il nostro Governo a condividere con il Consiglio europeo ogni decisione in materia di sanzioni in assenza di positive evoluzioni; a confermare, appunto in assenza di positive evoluzioni, le sanzioni economiche adottate dall’Unione europea; a mettere in atto, attraverso lo strumento della cooperazione allo sviluppo, programmi mirati al sostegno e al rafforzamento delle organizzazioni democratiche birmane in esilio, a promuovere, attraverso organizzazioni non governative (le agenzie dell’Unione europea e dell’ONU) l’azione di sostegno umanitario ai programmi di cooperazione in settori cruciali per la vita della popolazione birmana e ad agire in tutte le sedi internazionali e comunitarie per sostenere l’avvio del dialogo tra le parti interessate ad una rapida transizione verso la democrazia in Birmania.
Questa mozione, dunque, intende sostenere l’azione del Governo, e del nostro Paese, insieme a quello di tutta la comunità internazionale, ed europea in particolare, per aiutare a realizzare il sogno di una democrazia in Birmania
(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).