L’anno che tra poche ore entrerà a far parte del passato, ci lascia un Paese più povero, più solo e più lacerato. Nell’impossibilità di fare in questa sede un bilancio del 2010, mi limiterò a far cenno a un paio di recentissimi eventi politici.
La mobilitazione degli studenti, la legge Gelmini, e il piano nazionale per l’Infanzia che il governo ha silenziosamente licenziato dopo aver sforato anche i tempi supplementari. Tutto ciò è avvenuto nel clima politico e sociale che ho richiamato e in uno scenario economico-finanziario difficilissimo. Non servono indagini per capire quel che sentiamo tutti. Anche semplicemente guardando a ciò che accade nella società attorno a noi. Siamo un Paese diviso e contrapposto su tutto.
Ma elementi di speranza proprio nei giorni scorsi non sono mancati. Mi riferisco alla straordinaria mobilitazione degli studenti, pacifica e piena di dignità che si è tenuta il 22 dicembre e che è culminata nell’incontro con il Presidente Napolitano. Si temeva una seconda drammatica giornata di guerriglia e, invece, dalle strade di Roma, è arrivata una lezione per tutti coloro che sono in grado di intenderla.
E’ alla politica, quella vecchia, mercantile o degli “accordi” mai trasparenti, che, più di tutto, parlano quei giovani. A loro che sono il nostro futuro e che vengono privati del futuro dal sistema, ha saputo parlare il Presidente Napolitano mentre nell’aula del Senato andava in scena una seconda grottesca puntata della politica parlamentare: protagonista principale la leghista Rosy Mauro, immancabile fiore verde fissato al petto per proclamare un’identità che separa dagli altri.
Dopo le grottesche immagini della Camera nel giorno della sfiducia mancata, popolate dagli immancabili corrotti (i corruttori esistono solo grazie ai corrotti), è stata approvata la legge Gelmini che oggi il Presidente Napolitano restituisce con osservazioni critiche e con la raccomandazione a dar vita a “un costruttivo confronto con tutte le parti interessate”.
Quel confronto che il PD ha chiesto e sollecitato in ogni occasione ma che, a riprova della debolezza del governo, la ministra Gelmini ha rifiutato. Quel confronto che il Presidente Napolitano ha invece voluto con gli studenti, a testimonianza della forza della democrazia che non teme conflitti e diversità nelle opinioni, negli orientamenti e nelle culture.
Con il suo gesto nei confronti degli studenti, con le parole di commento pronunciate in diverse recenti occasioni ed anche con le osservazioni con cui ha promulgato la legge di riforma dell’Università italiana, Napolitano ha ribadito che occorre investire nel sapere e nella realizzazione di quella società della conoscenza se si vuol costruire un futuro per l’Italia e i suoi giovani. La spesa per l’istruzione e ricerca è inchiodata a un livello tra i più bassi (4.5%) d’Europa.
Ciò nonostante, a stare ai dati del rapporto Ocse Pisa, le scuole statali continuano a battere quelle private per efficienza e qualità. Si tratta di “un sistema migliore ma con meno risorse” segnalano gli autori dell’indagine Ocse. Per questo la ministra Gelmini avrebbe dovuto dare un segnale e non lasciare che le politiche scolastiche, universitarie e della ricerca fossero determinate dal suo collega Tremonti.
Ma a loro che importa? Un minimo di uguaglianza nelle opportunità non è nei loro obiettivi politici. Peccato che così si impoverisca tutto il Paese. Il sapere è un bene diffuso che crea ambienti nei quali nascono idee, imprese, attività positive e occasioni di crescita per tutta la società.
Lo sa bene Giovanni Zamboni, docente dell’Ateneo di Bologna, che ha speso davvero gran parte della sua vita professionale a favore dei giovani studenti o laureati impegnati nella ricerca. E’ a lui che vorrei lasciare il commento alla legge Gelmini allegando il testo integrale di un suo scritto pubblicato (con qualche taglio) da un autorevole quotidiano nazionale immediatamente a ridosso del voto al Senato. Infine vorrei condividere una riflessione sul Piano nazionale dell’Infanzia varato dal governo: un piano insoddisfacente e del tutto privo di risorse economiche. Una promessa mancata e un occasione perduta con gravissime rispercussioni. E’ noto infatti come attorno al tema dell’Infanzia ruotino una serie di problemi che investono tutto il sistema Paese, direi anzi il futuro stesso del nostro Paese.
Sono in gioco la nostra capacità di esprimere, di qui a qualche anno, una società matura e pronta alle sfide del domani, una società nella quale sia salda l’idea di solidarietà, unità, pacifica convivenza. Ciò che oggi sarà investito sui nostri bambini e sugli adolescenti, ci sarà restituito in termini di competitività, di pace, di prosperità. Uno Stato che non cura i propri bambini non è uno Stato civile.
I nostri giovani, i bambini e gli adolescenti sono il nostro futuro, ma su di loro il governo non investe risorse. Tagli alla scuola, tagli ai servizi, tagli alle prospettive, in definitiva, per il futuro dei nostri figli.
Una scelta in contro corrente rispetto ai Paesi d’Europa e agli Stati Uniti che invece investono sul futuro dei giovani e dei bambini, consapevoli che il destino delle Nazioni sarà presto nelle loro mani. Non v’è alcuna veduta prospettica rispetto al domani, manca una progettazione seria e concreta per realizzare autentiche politiche di integrazione.
In Bicamerale Infanzia, di cui sono capogruppo per il Partito Democratico, abbiamo predisposto una mozione, approvata dalla Camera, a tutela dei bambini non accompagnati perché davvero troppe sono le lacune di questo governo nelle politiche per l’integrazione, ancor più drammatiche e odiose quando si tratta di minori stranieri.
L’assenza di una adeguata copertura finanziaria rende il Piano nazionale per l’Infanzia una pura e semplice operazione di facciata, aggravata dai tagli per oltre 3 miliardi di euro sottratti alle politiche sociali ed educative nel prossimo triennio, al netto dei tagli delle risorse per i comuni. Anche la Conferenza Stato Regioni ha espresso parere non favorevole. Anci, Upi e i rappresentanti della giustizia minorile, hanno avanzato numerosi rilievi e osservazioni: dall’assenza di un sistema di monitoraggio alla necessità di indicare i livelli di assistenza, alla totale assenza di risorse, all’insufficienza delle azioni del diritto, alla partecipazione civica e sociale dei minori.
Eppure anche i drammatici fatti di cronaca di questi ultimi mesi segnano l’urgenza di interventi a protezione dell’infanzia e dell’adolescenza: la caccia xenofoba allo straniero che la Lega invoca non è e non può rappresentare una risposta.
Sottrarre alla scuola pubblica le risorse significa privarla del suo ruolo sociale, ruolo che personalità come Aldo Moro avevano ben intuito già sessant’anni fa. I portoni della scuola, per questo governo, dovrebbero chiudersi alle spalle degli alunni sempre prima a scapito dei bambini e dei ragazzi, soprattutto dei figli delle famiglie che non possono permettersi i costi di attività a pagamento. Cosa resta a questi ragazzi? La strada. In Italia mancano vere strategie per contrastare l’abbandono scolastico, per sconfiggere la piaga del lavoro minorile che insiste sul nostro territorio nazionale in modo non trascurabile, manca la volontà di realizzare politiche che prevengano il disagio giovanile che può cominciare dai primi anni di scolarizzazione e di inserimento nella comunità dei pari.
Tutto è affidato alle famiglie, alla loro capacità di far fronte ai problemi, alle loro risorse economiche e culturali. Le tutele economiche per le fasce più deboli sono ridotte al minimo: un genitore costretto a seguire il proprio figlio in cura presso gli ospedali d’eccellenza, quali il nostro Policlinico universitario, percepisce dallo Stato un assegno di circa 400 euro a fronte della perdita del proprio salario. E chi non potrà permetterselo, che farà? Rinuncerà alle migliori cure per il proprio figlio?
Eppure la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, promulgata dall’ONU nel 1989 e ratificata dal nostro Parlamento nel 1991, sancisce, con gli articoli 24 e 25, che a tutti i bambini spetta uguale diritto alla salute.
Sono molteplici gli aspetti che intersecano e che rendono complesso il tema della cura dell’Infanzia. Affrontare tutto questo esige rigore, alto senso dell’etica, rispetto per chi è più indifeso e debole. Le battute, di pessimo gusto, del Presidente del Consiglio, non sono solo una questione di stile e non alludono solo alle scelte personali di chi ci governa.
Esse recano una ferita gravissima a coloro che vivono in condizioni di sfruttamento, alle giovanissime donne e alle bambine oggetto di sopruso e violenza, a tutte le madri in ansia per la sorti delle proprie figlie. La leggerezza con cui certe frasi vengono buttate nell’agone mediatico rischiano di inficiare il delicato lavoro di educare le giovani generazioni, a partire dai bambini, al rispetto di sé e degli altri, alla comprensione del mondo e delle proprie possibilità. Non si tratta di moralismi, è in gioco un’intera generazione che dovrà fare i conti con problemi complessi e gravi e che va educata, tutelata, rispettata, a cominciare da chi rappresenta le nostre Istituzioni.
Sandra Zampa