Zingaretti non può più restare a guardare
La vicenda Csm-Lotti-Palamara-Ferri chiama in causa la cultura politica del Pd. Ricordo a tutti che il partito ha un codice etico. Da rispettare
Articolo di Sandra Zampa su Huffington Post del 15 giugno 2019
La vicenda che sta investendo con gravi conseguenze il Csm e che chiama in causa due importanti esponenti del Pd, Luca Lotti, ex sottosegretario ed ex ministro e Cosimo Ferri, ex sottosegretario alla giustizia, entrambi parlamentari, impone riflessioni severe. Non solo per le ricadute sul partito, in termini di consenso e di immagine, ma anche sulla cultura politica che implicitamente quella vicenda esprime e che sembra avere affidato la parola “etica” al passato preferendole la parola “potere”, nonché su quella parte della classe dirigente dem che, anche ieri, di fronte all’auto sospensione di Lotti, si è profusa in ringraziamenti ed elogi nei suoi confronti, quasi ci trovassimo alle prese con un atto di magnanimità.
Non affronto con cuore leggero questo tema, ma con sofferenza. La sconfitta del marzo 2018 aveva consegnato al Pd un’ urgenza: dirsi la verità su come erano andate le cose e sulle ragioni del tracollo elettorale. Si è preferito scegliere altra strada. Ma la storia tollera narrazioni mistificate solo fino a un certo punto. Arriva il giorno dei conti. Per quanto mi riguarda è qui, bussa alla mia coscienza e anche alla mia pazienza.
È grave ciò che emerge dalle intercettazioni e questo dato non può essere minimizzato evocando la violazione del segreto d’ufficio legato alla pubblicazione delle stesse (resa possibile per altro proprio da norme approvate dalla nostra maggioranza). Pesante è il quadro che emerge dalle intercettazioni e il fatto che non siano emersi allo stato elementi di rilievo penale a carico di Lotti e Ferri non ne attenua la portata. Ma più grave ancora è l’impiego della parola “ipocrisia” utilizzata dallo stesso Lotti e da parte di chi nel Pd si è sentito in dovere di giustificarne il comportamento. Perché rivela la trasformazione di una cultura politica nel Pd. Sostenere che è normale “trigare” per le nomine nelle procure, allo scopo di ottenere benefici dal sistema di giustizia, o per delegittimare altri magistrati, è strabiliante. La distanza che separa questa idea di “potere politico” da quella fondativa del Pd si misura anche solo dalla lettura delle prime righe del secondo articolo del Codice etico.
Farà bene a tutti ripassarlo perché non mi risulta abolito: “le donne e gli uomini del Pd sostengono l’autonomia della politica… e ritengono che debba assolvere la sua funzione pubblica senza essere subalterna ad alcuno.. al tempo stesso la concepiscono come rispettosa delle altre autonomie”. Ma se il codice etico non fosse altro che un obsoleto e ridicolo documento di partito, non credo sia trascurabile il principio della separazione dei poteri, non dichiarato ma presupposto dalla Costituzione.
Sta alla base del buon funzionamento della democrazia che così, da noi, è stata concepita. Mi ha stupito (e anche un po’ divertito) il silenzio sceso sul nome di Ferri che nel Pd nessuno in queste ore più evoca e sembra conoscere, arrivato alla politica con Anna Maria Cancellieri ministro di Grazia e giustizia: è stato candidato ed eletto nelle liste dem nel marzo 2018. Non entro nel merito di ciò che attiene alla magistratura. Per rispetto prima di tutto dei ruoli differenti e nella certezza che giustizia sarà fatta. Ma il danno che è stato arrecato al Csm e a tutta la magistratura presso la pubblica opinione è grandissimo.
Se la risposta a chi confessa il proprio sconcerto difronte a tutto questo si limita a “che ipocrisia!”, oppure “è prassi” (ma davvero è così comune trovarsi dopo mezzanotte in un hotel romano a discutere di chi deve andare a guidare la procure presso la quale si è indagati o minacciare di mettere qualcuno “a pecora”?), ciò accade perché ci si è nutriti di una cultura del potere che non tiene conto dei limiti e delle regole. Si è coltivata un’idea del potere mutuata da culture politiche differenti e molto lontane dalla nostra, facendosi forti della certezza che “gli altri sono più furbi e fanno lo stesso”, che tutto è permesso pur di vincere, in cui nulla è più importante salvo avere la meglio e mantenere il potere. La si è praticata con cinismo e con una spavalderia che ha irritato i nostri elettori e che li ha allontanati indispettiti e in parte lasciati anche desiderosi di “fare i conti” con il Pd.
Il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si dovrà misurare con tutto questo. Fino ad ora ha praticato l’unica strada possibile: rappacificare le anime del Pd per arrivare alle amministrative e alle europee con un partito non in pezzi. Lo ha fatto camminando in punta di piedi.
Ma ora non si può proseguire così. Bisogna prendere provvedimenti e bisogna misurarsi con quanti pensano che l’etica, in politica, è solo una perdita di tempo. Che i comportamenti fanno “prassi” e quindi va bene così. Bisogna camminare in fretta e determinati. Il campo è minato ed è pericoloso attraversarlo, ma se non si passa di là si muore sotto i colpi degli avversari che incalzano. Non basta la pacificazione (per altro armata) nel Pd. La vera pacificazione deve avvenire con gli elettori, con la propria storia e con i propri valori.