Intervento integrale di Sandra Zampa, parzialmente letto in Aula il 24 giugno 2015
Grazie signora Presidente, colleghe, colleghi, signor Presidente del consiglio,
il consiglio europeo che aprirà i suoi lavori domani a Bruxelles, è chiamato a decisioni in materia di migrazioni, economia, sicurezza e difesa ma in realtà torna a riproporre agli stati membri, in particolare a quanti tra loro hanno l’onore di essere annoverati tra i fondatori dell’Unione, la sfida di proseguire nel cammino dell’integrazione, un passo avanti verso la realizzazione della Federazione degli stati uniti d’Europa, il traguardo fissato dai lungimiranti padri. Un passo avanti che, come il ministro Padoan ci ha detto nei giorni scorsi affrontando problemi di natura economica, è reso possibile anche nel quadro delle regole vigenti. Il ministro dell’economia ha ragionato di un “livello crescente di integrazione fiscale basata su un bilancio comune, un fondo contro l reoa disoccupazione, e un budget europeo con finalità diverse da quello già esistente nell’Unione europea”. Nella stessa direzione va il cosiddetto piano dei presidenti, contenuto in un rapporto che ha visto Mario Draghi impegnato in modo determinante. Per l’opinione pubblica, per i mercati finanziari, il consiglio sarà decisivo per i destini della Grecia e siamo davvero felice di sentire dalle parole del Presidente Renzi “che nelle istituzioni europee” si farà “di tutto per aiutarla” nel rispetto di uno “sforzo reciproco”.
a nessuno sfugge che le questioni in gioco sono di portata enorme e che dalla loro soluzione dipenderà il futuro dell’Unione. Proprio sull’incapacità di affrontarle, sulla timidezza delle risposte, sui piccoli egoismi delle patrie, camminano i populismi che alimentano le paure e così, presso l’opinione pubblica, nel giudizio dei cittadini, l’Europa perde consenso. Nessuna immagine come quella dei profughi bloccati a ventimiglia, sugli scogli nella notte, ha rappresentato ai nostri occhi, a quelli del mondo, una negazione dell’europa e dei suoi valori. E’ stato detto con efficacia dall’ex ministra per le politiche per l’alloggio cecile Duflot che il blocco di Ventimiglia non è solo una sconfitta politica interna al suo paese, è una “Waterloo morale”.
Con efficaci parole lo ha ribadito Papa Francesco: fa piangere vedere lo spettacolo di questi giorni in cui esseri umani vengono trattati come merci. Merci respinte da un capo all’altro dell’europa, persone cacciate dai treni. Tutt’altro che segnali di sovranità, queste immagini che vengono ogni giorno riproposte sono piuttosto il segnale di una tragica impotenza dell’Europa di fronte a problemi che in larga parte essa ha concorso a creare a cominciare dalla Francia di Sarkozy, dall’Inghilterra di Cameron con il sostegno dell’Italia di Berlusconi e Maroni. Ma in questa gara al ribasso della politica abbiamo assistito in Italia anche a quella ben diversa di tanti e tanti concittadini che hanno messo a disposizione tempo e beni per soccorrere i profughi.
La gestione del nodo immigrazione è un test decisivo per la credibilità dell’Europa.
In particolare signor Presidente, voglio fermarmi su un aspetto del fenomeno degli sbarchi. Riguarda i minori stranieri non accompagnati che la burocrazia ha bollato come “msna”, una sigla che dice nulla a chi la ascoltasse senza sapere che dietro ad essa stanno le vite e i destini di minori in fuga dal proprio paese, spinti dalla fame, dalla guerra, dalla violenza, e persino dalla disperazione delle proprie famiglie- quando ci sono ancora- di cui loro si fanno spesso carico lasciando le proprie comunità alla ricerca di futuro. Bambine, bambini, giovani vite ancora adolescenti. Poco meno di 6000 di quei 61.842 arrivati in Italia sono minori, 3779 di questi sono msna. Esseri umani particolarmente vulnerabili proprio in ragione dell’età, i quali, sulla base di uno storico trattato internazionale, la Convenzione di New York del 1989, da noi sottoscritta nel 1991, hnno diritto ad essere tutelati da ogni discriminazione e non possono essere mai respinti.
Nella passata legislatura abbiamo registrato violazioni del trattato, e la corte europea ha condannato l’Italia. Le loro storie, anche in ragione della crescita del fenomeno hanno riempito pagine di quotidiani e servizi televisivi. Sono certa che lei, che è stato sindaco, conosce le lungaggini burocratiche e le difficoltà finanziarie dei comuni a farsi carico dell’accoglienza. Si è già fatto molto ma possiamo fare di più: il loro interesse deve avere priorità assoluta nelle procedure un materia di identificazione, accertamento dell’età, accoglienza, individuazione di soluzioni di vita durature. Alla Camera ha avviato il proprio percorso una proposta di legge, sottoscritta da pressoché tutte le forze parlamentari, frutto del lavoro comune con Save The Children e Anci: alcuni media europei se ne sono interessati. Deve essere approvata al più presto. A nessuno sfugge che l’integrazione sociale e culturale per persone così giovani è assai più semplice e destinata al successo rispetto a quella di persone adulte. Il trattato di Dublino prevede per loro già ora la possibilità di muoversi all’interno dell’Europa per raggiungere familiari anche non di primo grado. Perché non farsi noi promotori in Europa di uno speciale piano che li riguardi? Che preveda viaggi e ricongiungimenti intra europei in sicurezza senza esporli a nuovi drammi e violenze?
La strada verso gli Stati Uniti d’Europa, solidale e lungimirante, cammina anche sulle loro giovani gambe. L’Italia può assumere questa causa e portarla con forza all’attenzione dei decisori politici europei. Questi giovani, accolti e sostenuti nel momento della massima fragilità, saranno la migliore testimonianza agli occhi del mondo di quell’europa senza muri che lei evoca oggi scrivendo a un quotidiano nazionale.