Sandra Zampa: emergenza povertà «Prima l’umanità: Devid ce lo ricorda»
Intervista di Olivio Romanini a Sandra Zampa sul Corriere di Bologna del 07 settembre 2015
«Quando Devid è morto di freddo in Piazza Maggiore nel 2011 abbiamo detto “mai più”. Per questo un partito in cui la legalità viene prima e vince sulla giustizia e sull’umanità non è più il mio partito. Da Devid in poi cambia tutto e il Comune adotta una linea di sostanza, come nel caso dell’acqua agli occupanti».
Così la Vicepresideute Pd, Sandra Zampa interviene sul tema occupazioni.
Nei giorni scorsi era finita al centro delle polemiche per aver definito una persona seria il leader del Tpo Gianmarco de Pieri, accusato di violenza aggravata e colpito dal divieto di dimora in città. Adesso la vicepresidente nazionale del Pd Sandra Zampa, ex portavoce di Romano Prodi e politicamente vicina all’assessore Amelia Frascaroli, prova a fare una riflessione più approfondita sui temi dell’emergenza abitativa, delle nuove povertà, del rapporto con i centri sociali, della legalità. E della linea che deve tenere il Pd al riguardo.
«Tutto è cambiato – esordisce Zampa – con la vicenda di Devid, il bimbo morto di freddo in piazza Maggiore nel gennaio del 2011. È in quel momento che si dice “mai più”, perché che possa morire di freddo un bambino a Bologna, la città del welfare e dei servizi sociali, non è accettabile. Lì cambia tutto e il Comune adotta una linea, dove si privilegia la sostanza delle cose come, nel caso della vicenda dell’acqua agli occupanti, il diritto di un bimbo di poter bere».
Secondo lei come risponde oggi Bologna all’emergenza sociale?
«c’è un problema drammatico di povertà minorile anche dalle nostre parti. Il Comune in questi anni ha ottenuto il massimo dal minimo che aveva a disposizione. Ma la politica, a cominciare dal governo e dal Parlamento, ha il compito di dare ai sindaci nuovi strumenti per affrontare nuovi problemi.
I Comuni sono stati abbandonati: qui abbiamo assessori al Welfare che si dimettono e nessuno vuole più fare il sindaco.
Non è facile guardare in faccia la povertà, soprattutto quando non hai gli strumenti per dare risposte».
Torniamo alle polemiche sul leader del Tpo, Gianmarco de Pieri, e sul tema delle occupazioni degli immobili. L’assessore Frascaroli è molto criticata per il rapporto privilegiato che ha instaurato con i centri sociali. Lei pensa che, con il loro lavoro per i senza casa e i migranti, i centri sociali riempiano un vuoto del welfare comunale?
«Ho conosciuto de Pieri nella comune battaglia per il superamento del Cie di via Mattei, che oggi è un posto molto migliore di com’era. Non credo che riempiano un vuoto, ma che, come ogni movimento e associazione, facciano la loro parte in autonomia. In tal senso svolgono certamente una funzione sociale».
Il tema della legalità è uno degli elementi fondanti e identitari del suo partito, il Pd. La maggioranza del partito sostiene che la solidarietà vada coniugata con la legalità, ma che su questo secondo elemento non ci possano essere cedimenti, mai e in alcun caso.
«Qui non è che c’è qualcuno che vuole la legalità e qualcuno che non la vuole, perché è ovvio che la violenza si condanna sempre. Il punto è che la legalità dev’essere in grado di risolvere i problemi: da quando Devid è morto in piazza Maggiore, si è cercato giustamente di stare sempre sulla sostanza dei problemi. Un partito in cui la legalità viene prima e vince sulla giustizia e sull’umanità non è più il mio partito. Poi è evidente che bisogna coniugare questa sostanza con la legalità. Lo sono andata a visitare tutte le strutture occupate: quella dell’ex Telecom è gestita benissimo, le altre un po’ meno. Ma non possiamo fare discussioni teoriche senza guardare in faccia la povertà, senza occuparcene ».
Può fare una proposta pratica con cui lei cercherebbe di risolvere il problema dei senza casa e dell’emergenza abitativa in generale a Bologna?
«Innanzi tutto bisogna dire che il Comune finora ha gestito bene anche un’altra emergenza, quella dei profughi. Non credo che ì bolognesi possano lamentarsi. Per il resto io non ho mai fatto l’amministratrice e non mi sento di dare consigli, né tantomeno giudizi. Però sicuramente una cosa necessaria è aprire le caserme inutilizzate e far fare lavori socialmente utili alle persone cui si dà un aiuto temporaneo. Tanto per avere un’idea, possono aiutare nella pulizia dei portici».
Cosa deve fare secondo lei l’amministrazione nei prossimi anni?
«Quando viene a mancare la casa viene a mancare tutto, quindi bisogna garantire il primo sostegno alle persone in difficoltà. Quando al Cie si fanno i corsi di italiano per i migranti in una stanza che prima era dedicata alla guardiania, tutti chiedono come si dice “Dov’è la stazione?” e “Quando parte il treno?” perché hanno l’idea di continuare il loro viaggio.
La sfida del Comune di Bologna è di integrare quelli che restano qui. Il lavoro fondamentale da fare, per l’amministrazione, è pertanto di aggregare, perché la crisi che stiamo attraversando non è solo economica: è anche sociale e rischia di disgregare tutto, perfino in una città come Bologna.
Per questo non si deve disperdere lo straordinario valore delle associazioni che hanno certamente sconti importanti sugli affitti, ma che svolgono attività socialmente rilevanti e utili. All’ex clinica Beretta sono andata d’inverno e c’era un bambino seduto sul divano con il cappotto perché la temperatura era a un grado. A Bologna non deve succedere».