Dalle donne una ragione di più per firmare contro il “porcellum”
Articolo di Sandra Zampa su L’Unità del 9 settembre 2011
Come nell’indimenticabile canzone interpretata da Ornella Vanoni, anche nel caso del referendum per abrogare la legge Calderoli, ai più nota come “porcellum”, “c’è una ragione di più” perché le donne italiane lo sostengano aggiungendo la propria firma a quella di quanti si affollano ai banchetti allestiti da tanti volonterosi ovunque in Italia o che si recano nei propri comuni per sottoscrivere i quesiti referendari.
La ragione di più, non è solo quella di dare seguito ad una stagione che ha visto le donne italiane protagoniste nella battaglia per ricostruire una piena democrazia – e poche cose hanno una forza di impatto tanto grande sulla democrazia quanto la legge elettorale- ma soprattutto perché, a ben vedere, sono loro ad essere più danneggiate da quelle norme.
E’ vero che questa legge, votata nel 2005 per colpire gli avversari politici e impedire una loro vittoria alle politiche, fa danno a tutto il Paese perché privando gli italiani del diritto a scegliere i propri rappresentanti e consegnando agli elettori un Parlamento di “nominati”, ne ha delegittimato agli occhi dei cittadini il ruolo. Ma se sostengo che le donne sono state maggiormente danneggiate è perché conosco e ho condiviso la loro lunga battaglia, condotta negli anni per essere finalmente presenti nei luoghi delle decisioni e nelle istituzioni. Non che sia peggio essere “una nominata” che “un nominato”: la selezione di tutta la classe dirigente politica deve avvenire in forme trasparenti, non oligarchiche, non cooptate, in un rapporto vero e diretto con i cittadini e i territori da rappresentare.
Abbiamo toccato con mano quanti guasti siano stati prodotti dal venir meno di questo metodo di selezione. All’origine delle polemiche contro la casta c’è certamente la distanza incolmabile tra eletto ed elettore. In questo Parlamento ci sono parlamentari eletti in Campania ma nati e da sempre residenti in Emilia. Parlamentari eletti in Emilia ma nati e da sempre residenti in Sicilia e così via. Ma questo vale per tutti. Donne e uomini.
Fatto sta che per chi è convinto – e siamo in tanti e tante ad esserlo- che le competenze, l’intelligenza, il rigore delle donne faccia davvero la “differenza” per la ricostruzione dell’Italia, è d’obbligo pretendere che la loro selezione in vista del Parlamento sia fatta dagli elettori. Solo a queste condizioni la presenza politica delle donne potrà essere davvero in campo per difendere, attraverso l’agenda politica femminile, la rinascita dell’Italia. E’ questo il senso dell’appello che, nei giorni scorsi, insieme a Liliana Cavani, Paola Gaiotti, Albertina Soliani, abbiamo diffuso e che è stato già sottoscritto da: Anna Vinci, Daniela Turci, Francesca Mariani, Marta Saccani, Rosangela Rastelli, Marcella Mariani, Maurizia Bonora, Olga D’Antona, Carlotta Cerquetti, Annabella Bassani, Valentina Strada, Anna Maria Campanile, Vanna Iori, Elisa Valla, Mariangela Lugli, Cristiana De Bernardis, Laura Testi, Fiorenza Taricone, Fausta Deshormes La Valle, Roberta Curti, Michele Urbano, Annamaria Lamarra, Anna Maria D’Arpa, Caterina Pes, Maria Elena Abbate, Rosanna Rondelli, Franca Chiaromonte, Giuditta Milano, Alessandra Mantuano, Maria Cristiana Crespina, Elena Ronco, Marina Annunziata, Eleonora Cosci, Giuliano Modesti, Anna Consuelo Ercoli, Annamaria Renna, Enrica Capelli, Paola Gastoni, Anna Paola Concia, Marilena Adamo, Anna Maria Carloni e le donne della Fondazione Adkins Chiti-Donne in musica.
L’appello può essere sottoscritto inviando l’adesione a zampa_s@camera.it o a albertina.soliani@senato.it.
Dobbiamo farcela. Entrare in Parlamento come espressione di una consapevole scelta elettorale (magari a maggioranza “rosa”) significa dare finalmente alle elette forza e autonomia.
Sandra Zampa