Casini, La Malfa e soprattutto Pisanu (ex ministro di B. per cui si è pure ricandidato): tutti, ora, esprimono dissenso e aprono al Pd. Ma per cambiare il Paese serve prima un momento di verità
Articolo di Sandra Zampa su Il Fatto Quotidiano del 8 novembre 2011
Caro direttore, uno dopo l`altro sono saliti sul palco del Terzo polo “per rifare l`Italia” esprimendo tutta la loro delusione e il profondo dissenso nei confronti di Berlusconi. Casini, Fini, Rutelli e Giorgio La Malfa. In serbo la “sorpresa”, vero asso nella manica dei centristi: Beppe Pisanu, uno dei fondatori di Forza Italia, ministro degli Interni del passato governo Berlusconi.
L`altra sorpresa, almeno per me, arriva dalle parole di Casini che, alle conclusioni, ammette con magnanimità che sarebbe da “irresponsabili” lasciar fuori il Pd da un governo tecnico o di larghe intese in una crisi economica così drammatica perché è il partito “del sindacato” e “degli operai”.
Non c`è bisogno di un colpo di genio per capire perché ci definisca così. Per uno che sta provando a rimettere insieme la Dc è funzionale che noi si torni a essere il partito “del sindacato e degli operai”. Potrebbe essere perfino un complimento.
Peccato che abbiamo messo a dimora un ulivo, sciolto due partiti, e spiegato a milioni di elettori che lo facevamo per essere il nuovo partito in grado di andare oltre quei confini angusti e circoscritti del passato e di rappresentare gli interessi e le aspettative della società italiana. E peccato che nessuno lo abbia ricordato a Casini, come si sarebbe potuto fare, visto che siamo il primo partito italiano, nonostante le difficoltà del presente.
Ma andiamo per ordine. Non so quanti abbiano ascoltato ieri gli interventi scandalizzati, anzi indignati, di La Malfa e dell`ex ministro forzista Pisanu. Parevano due che avessero scoperto tre mesi fa che con Berlusconi l`Italia non ce la può fare.
Pisanu addirittura ha detto di avere “mal di cuore” a vedere ridotta così l`Italia. Altro che malpancista.
E a vederlo lì mi sono ricordata un suo precedente mal di cuore quando da ministro del governo Berlusconi aveva denunciato con parole toccanti il sacrificio di vite umane che si consumava a ogni attraversamento di Mar Mediterraneo di immigrati. Parlava ai leghisti denunciando all`opinione pubblica che il dramma sarebbe rimasto tale fino a quando l`immigrazione fosse stata ostaggio della Lega e dei teorici delle politiche per la sicurezza.
Quel governo aveva dato vita alla Bossi-Fini. Era il 2002. Fini ci ha fatto sapere di essersi pentito. Pisanu non ci ha mai spiegato perché si è ricandidato con Berlusconi. Oggi invoca un governo di “tutti” per fare le riforme dure che nessun governo politico farebbe per timore di perdere il consenso.
Un modo per confermare che la politica non serve davvero più a niente? O che la politica che piace è quella che, appunto, nega il principio di “responsabilità”? Davvero curioso per un cattolico.
A questo punto arriva la magnanima apertura di Casini nei confronti del Pd. Non credo si possa mettere in discussione che Prodi è tra i padri di quel partito. Oggi Casini afferma che non si può pensare a un governo di larghe intese che faccia a meno di noi. Mentre lo ascolto penso a come starebbe l`Italia in Europa se il governo di Prodi fosse durato cinque anni e Padoa-Schioppa avesse potuto continuare a fare a testa bassa il suo mestiere di ministro severo e rigoroso impegnato a correggere il bilancio per restare in Europa.
L`allora super commissario europeo Almunia, a governo sepolto, disse che i miglioramenti dei conti italiani erano stati “superiori alle attese“.
Eppure, al momento di decidere se assicurare a quel governo che stava facendo le cose che oggi avrebbero messo l`Italia fuori dal gruppo dei paesi a rischio in Europa, da Casini era arrivato un assoluto diniego. Neppure un sostegno tecnico si poteva prendere in considerazione.
Possiamo oggi dimenticare tutto questo? Che bisogno c`era di regalare all`Italia un altro giro del tetro valzer con Berlusconi? Attendo ancora di capire. Il primo passo per cambiare l`Italia deve partire da un momento di verità.