No al Lodo Alfano, sì al Referendum – L’Unità – 07 agosto 2008 – pagina 25
“Nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza“. Cito a memoria e in modo testuale queste parole di Sandro Pertini per spiegare le ragioni che mi inducono ad aderire al referendum sul Lodo Alfano.
Lo faccio con la consapevolezza che questa è certamente una sfida, forse troppo difficile da vincere nell’attuale fase politica e culturale italiana segnata da una progressiva “resa” o “rassegnazione” all’apparente impossibilità di cambiare veramente il Paese sottraendolo alla “paura” e restituendolo alla “speranza” di un futuro più giusto.
La mia adesione piena e il mio impegno a sostenere la campagna referendaria muovono dalla semplicissima e dolorosa presa d’atto che ha fatto seguito all’approvazione, il 10 luglio scorso nell’Aula della Camera, del provvedimento che regala l’immunità alle quattro più alte cariche dello Stato: nel mio, nel nostro Paese la legge non è più davvero uguale per tutti.
E’ questa, a me pare, una ragione sufficiente a non sottrarsi al rischio e alla fatica di una battaglia al cui campo le forze dell’opposizione si affacciano certamente con “mezzi e dotazioni” meno potenti di quelle della maggioranza: lo stato in cui versa il sistema dell’informazione, in particolar modo quella televisiva (e mi riferisco soprattutto a quella pubblica) è davvero patologico.
Meno potenti, ma non per questo meno efficaci: dalla parte dei referendari ci sono le ragioni della giustizia. Quando una causa è giusta, è giusta. Non è difficile farlo capire. Sarà difficile semmai riuscire a raggiungere con l’informazione quei “tanti” che occorrono a determinare la prima indispensabile vittoria: il raggiungimento del “quorum”.
Nei giorni scorsi ho letto con attenzione e con profondo rispetto le argomentazioni di chi sostiene la strada della non partecipazione attiva e in prima persona (sono certa che è solo in questi termini che viene indicata) alla battaglia referendaria. Sono ispirate soprattutto dal timore che la “buona battaglia” fallisca e che il prezzo politico della sconfitta sia troppo alto da pagare nella complessa situazione cui il PD sembra costretto.
Ma chi se non i democratici e le democratiche, così come tutti coloro che si sono riconosciuti nelle ragioni costitutive dell’Ulivo, deve sostenere questa fatica? Come potremmo non batterci con ogni legittimo strumento a nostra disposizione contro una norma chiaramente ad personam come il Lodo Alfano ? Una norma che ha un solo scopo. Noi siamo quelli che hanno “inscritto nel patrimonio genetico” il proprio “No” alle leggi ad personam e la difesa dei principi fondamentali della carta Costituzionale che il Lodo Alfano ferisce.
Ma noi siamo anche coloro che coltivano e praticano una concezione partecipativa della democrazia. Ogni nostro passo nel cammino incompiuto verso il cambiamento del sistema politico volto ad assegnare al “cittadino” un ruolo da “sovrano”, è stato guidato dalla volontà di aprire le porte dei partiti e della politica alla partecipazione della società.
Possiamo oggi spiegare a quanti tra loro vogliono combattere una battaglia giusta o dar voce alla propria indignazione che noi non lo faremo per ragioni di “tattica” o di posizionamento ? Noi abbiamo il dovere di essere al loro fianco. Il coraggio delle buone ragioni può restituire dignità e senso alla politica.
Torniamo a crederci. Prima di tutto noi, e convinceremo anche gli altri.