SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, colleghe, colleghi, nel momento in cui ci accingiamo ad esprimerci sul Trattato di Lisbona, dopo che già 21 Paesi lo hanno ratificato – ultima, nei giorni scorsi, la Spagna -, sento la necessità di richiamare, in quest’Aula, all’attenzione di noi tutti e, per tramite nostro, a quella di tutti gli italiani, le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pronunciate di recente in un incontro internazionale sull’Europa che si è tenuto a Lione, parole pronunciate all’indomani del voto negativo dell’Irlanda sul Trattato, con le quali si sottolineava che quella vicenda pone più che mai drasticamente il grande problema del rapporto tra governanti e governati nell’Europa unita e della partecipazione e del consenso dei cittadini.
L’Europa – come ci ha ricordato il Presidente Napolitano – non potrà aumentare la sua efficacia senza riforme, senza mezzi adeguati e senza un nuovo slancio democratico. Troppi Governi hanno ritenuto di poter gestire in solitudine gli affari europei, preoccupandosi poco di coinvolgere sistematicamente le rispettive opinioni pubbliche, e perfino i rispettivi Parlamenti, nella discussione e nelle scelte. Anzi, hanno dissimulato le posizioni da essi sostenute in sede europea, chiamando in causa l’Europa e, in particolare, la Commissione europea (spregiativamente definita «la burocrazia di Bruxelles») come capro espiatorio per coprire loro responsabilità e loro insufficienze.
In questo contesto, così ben richiamato dal nostro Presidente, il Trattato di Lisbona, che recupera valori della sfortunata Costituzione europea, ci offre la possibilità di trovare, ancorché in forme, modi e ragioni rinnovati, quel nuovo slancio democratico auspicato da Napolitano, quello stesso slancio che ispirò De Gasperi e Spinelli all’indomani della Seconda guerra mondiale. Ciò richiede, però, almeno due condizioni: in primo luogo, la coerenza e la fermezza di noi tutti che qui rappresentiamo gli interessi degli italiani, ma, soprattutto, del Governo, che è alla guida del Paese e che ha l’onore di dar voce all’Italia, uno dei Paesi fondatori dell’Europa, proprio in Europa. Difficilmente potremmo lamentarci o stupirci della scarsa attenzione dei nostri concittadini all’Europa, se un Ministro dichiara, come ha fatto Calderoli, il 13 giugno scorso, il proprio grazie all’Irlanda per il suo «no» al Trattato o se chi siede qui, a rappresentare gli interessi degli italiani, invoca, esclusivamente per ragioni di parte, un referendum sul Trattato, facendo finta di ignorare, quasi che l’interesse dei cittadini fosse distante e contrapposto alla sua approvazione, che l’Irlanda è stato obbligata al referendum dalla propria Costituzione. Come si fa a dire che l’Europa non funziona ancora bene perché manca l’Europa politica e minarla politicamente nella sua possibilità di crescita? Non è così! Noi sappiamo che l’Europa a 27 è probabilmente la dimensione minima per rispondere ai problemi che sono in cima alle preoccupazioni dei nostri concittadini, la sicurezza e lo sviluppo economico. Ma ho parlato di due condizioni, se quella della coerenza politica era la prima, la seconda ha certamente a che fare con la partecipazione popolare. Difficilmente ci si può stupire della distanza dei cittadini verso le istituzioni, se non li mettiamo davvero in grado di partecipare. Proprio al tema della partecipazione il Trattato riserva importanti passaggi, laddove introduce disposizioni volte a promuovere un dialogo aperto, trasparente e regolare tra le istituzioni dell’Unione europea e i cittadini e le associazioni rappresentative e ampie consultazioni delle parti sociali e laddove contiene la previsione dell’iniziativa legislativa popolare. Ma di grande rilievo – lo voglio ricordare – è anche la possibilità per i Parlamenti nazionali di far pervenire osservazioni su provvedimenti normativi che la Commissione sta assumendo. Su questo aspetto il Presidente Barroso ci ha richiamato, in occasione della sua visita, poiché soltanto due pareri sono arrivati dal Parlamento italiano. È inutile lamentarsi, magari pubblicamente sulla stampa, e non partecipare istituzionalmente alle cose. Ma per chiedere e ottenere partecipazione, bisogna assicurare conoscenza e corretta informazione.
Per questa ragione, dobbiamo davvero chiedere un impegno straordinario sul versante dell’informazione e della comunicazione, un impegno volto a diffondere una più approfondita conoscenza del fenomeno comunitario a tutti i livelli, a cominciare dalla scuola, al quale non può sottrarsi la comunicazione pubblica istituzionale, che fa capo al Governo centrale e locale, ma anche il servizio pubblico radiotelevisivo, che deve trovare modalità di informazione non burocratiche, e soprattutto far comprendere le ragioni di quel grande progetto al quale l’Italia ha tanto concorso.
Perché non pensare alla produzione di fiction sulle biografie dei padri fondatori o sulle grandi tappe della costruzione dell’Europa? Perché non fare scoprire ai nostri giovani, che dell’Europa si sentono cittadini, fin dalla loro nascita, la fatica e il contributo che i loro padri o i loro nonni hanno messo in quella realizzazione?
Perché non fare conoscere agli italiani che cos’è il Trattato di Lisbona, magari grazie all’organizzazione di eventi che chiamino in causa l’associazionismo, il mondo della cultura, le organizzazioni sindacali? Un senatore a vita che ha contribuito in prima persona all’Europa…
PRESIDENTE. Onorevole Zampa, la prego di concludere.
SANDRA ZAMPA. …Emilio Colombo, ci ha ricordato l’altro ieri che, dopo la prima stagione dell’Europa, come progetto di pace, dopo la seconda stagione, come progetto di libertà, vi è una terza stagione che dobbiamo inaugurare, quella di una grande Europa, che sappia declinare lo sviluppo come nuovo nome della pace, come lo definì un grande Pontefice.
Il Trattato di Lisbona ci offre l’opportunità di cominciare a farlo.
(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).