Ma di quale vita stanno parlando?
di Giancarla Codrignani
Care tutte,
ma quale festa! è un giorno di lutto. Non a causa dei rumeni che stuprano le italiane o degli italiani che stuprano le rumene. E neppure dei rumeni che salvano un’italiana dallo stupratore. Ma a causa di una chiesa cattolica che stupra la dignità di tutte noi: una bambina brasiliana di nove anni, violentata dal patrigno, è rimasta incinta e un medico l’ ha fatta abortire.
Il vescovo – ricordiamone il nome, perché ne resti memoria, Josè Cardoso Sobrinho – ha scomunicato il dottore pietoso e la mamma consenziente; e puntualmente il Pontificio Consiglio per la Famiglia, nella persona di mons. Gian Franco Grieco, ha approvato, entrambi in nome “della vita”. Il medico e la madre (magari anche la bambina), non il violentatore. E precisano che la violenza è meno grave della soppressione di una vita.
Ma di quale vita stanno parlando?
Conoscono che cosa sono i trenta chili di una bambina di nove anni, a quale morte del corpo e dell’anima approda quella gravidanza? In che cosa si autodefinisce “madre” una chiesa così? Di quale famiglia si dichiarano difensori?
Non quella per la prima volta dal Concilio Vaticano II definita dall’amore, ma una abitata dalla legittima – o anche illegittima – finalità procreativa di embrioni, prodotti da maschi autorizzati dal codice di Diritto canonico a dare sfogo all’esigenza biologica che neppure i conigli chiamerebbero remedium concupiscentiae e in cui la donna è sempre oblativa e non può dire di no?
Quale donna onorano quando pregano la Madre di Cristo, che ha detto sì al concepimento non imposto e che per le donne è vergine solo per dignità di genere e non per intangibilità dell’imene?
Le donne – vorrei dire tutte le donne e le cattoliche per prime – sperano solo che quella bambina si salvi, nel corpo e nell’anima, entrambi violati, perché è lei la vita. Ma non possiamo dimenticare la violenza che abbiamo subito noi, escluse dall’altare, in questo caso fortunatamente.
Giancarla Codrignani