IMMIGRATI. VIAGGIO NEL CIE DI BOLOGNA. ‘INFERNO DI DISPERATI’ Una donna con Aids conclamato, un uomo sotto metadone: sono le drammatiche storie raccolte dalla parlamentare Pd Sandra Zampa, oggi in visita nel centro di via Mattei. Attualmente i reclusi sono 30 uomini e 17 donne
(RED.SOC.) BOLOGNA – C’e’ una donna nigeriana con Aids conclamato e gravi problemi di tiroide, c’e’ un tossicodipendente sotto metadone, c’e’ una giovane madre a cui i servizi sociali hanno tolto la figlia di due anni, dichiarandola “adottabile”. E’ un “inferno della disperazione” quello che Sandra Zampa, parlamentare Pd, ha trovato questa mattina all’interno del Cie di Bologna. “Le persone dormono su gradoni di cemento, coprendosi con lenzuola di carta”, racconta Zampa. “Nella promiscuita’ piu’ assoluta vivono i malati, i tossicodipendenti, le badanti che i vicini hanno denunciato perche’ prive di permesso di soggiorno, gli ex detenuti che non sono stati identificati e, una volta scontata pena, vengono trasferiti qua dalla Dozza”.
Il numero di reclusi si e’ ridotto rispetto all’estate scorsa, periodo dell’ultima visita di Zampa. “Ci sono 30 uomini e 17 donne”, racconta la parlamentare, “fra le donne molte sono giovanissime e vittime di tratta”.
All’interno del Cie, la deputata ha raccolto le storie delle persone che l’hanno avvicinata. “C’e’ un caso gravissimo: si tratta di una donna nigeriana con Aids conclamato e problemi di tiroide, che ha evidentemente diritto ad uscire”, dice la parlamentare. “Chiede di non tornare in Nigeria, che per lei equivarrebbe a morire perche’ non potrebbe ottenere le cure che le sono necessarie” aggiunge Roberto Morgantini, volontario ed ex responsabile dell’Ufficio stranieri Cgil, anche lui in visita stamane nella struttura.
Zampa racconta anche di un’altra donna, “giovanissima e anch’essa nigeriana, che mi ha avvicinato disperata: i servizi sociali di Padova le hanno tolto la figlia di due anni, che ora e’ stata dichiarata adottabile. Il suo destino e’ di venire rimpatriata senza la figlia. Un’altra ragazza, di 21 anni, si stava ancora chiedendo per quale motivo fosse li'”. Per le detenute del Cie, ma anche delle carceri della citta’, Zampa e Morgantini stanno organizzando una serie di iniziative in concomitanza con la festa dell’otto marzo: “Vorremmo coinvolgere il ‘dentro’ e il ‘fuori’ in eventi che permettano lo scambio, porteremo dentro le mura in cui ci sono delle donne recluse della musica e delle attivita'” anticipa Morgantini.
La vera emergenza e’ pero’ legata ai bandi ministeriali che assegneranno la gestione dei Cie (l’appalto per BOLOGNA scade ad agosto) in base a un drastico ribasso dei costi: si parte da una base di 30 euro al giorno per persona. “Oggi la spesa viaggia tra i 64 e i 72 euro pro capite”, dice Zampa, che ha gia’ pronta un’interrogazione parlamentare sulla vicenda. “Ci si chiede come fara’ il gestore a onorare tutti gli impegni spendendo meno della meta’. Si rischia l’apertura a mercati illegali”. Con costi di gestione cosi’ ribassati “ne risentirebbero i servizi primari e anche tutte le attivita’ sociali costruite dentro il Cie in questi anni” dice Morgantini. Da tempo sono gia’ state tagliate attivita’ prima coperte da fondi comunali: “C’era un laboratorio di disegno, che ora non esiste piu'”, racconta Zampa. “Anche lo sportello diritti, che era aperto quattro volte la settimana e offriva informazioni legali ai detenuti, e’ stato chiuso”.
Un’altra “assurdita’ incredibile dal punto di vista economico e soprattutto per la dignita’ delle persone” e’ la norma che prevede la possibilita’ di prolungare la detenzione fino a 18 mesi. “Quella norma”, dice Zampa, “e’ stata approvata sotto il ricatto della Lega Nord: ora va eliminata.
Chiedero’ al ministro Cancellieri di tornare sulla questione: da questo governo tecnico mi aspetto che si occupi non solo di economia, ma anche di valori legati alla dignita’ delle persone e alla democrazia. Ci si ispiri al modello inglese, dove chi viene trovato senza documenti viene aiutato e ha sei mesi di tempo per trovare casa e lavoro. Nei centri finisce solo chi si rifiuta di farsi identificare, e la permanenza massima e’ di sei mesi”.