La prodiana Sandra Zampa: «Altolà al dirigismo, non si può tornare indietro»
Intervista di Francesco Rosano a Sandra Zampa su Il Corriere di Bologna del 7 settembre 2014
«La democrazia è dei cittadini. Chi pensa di dirigere le cose dall’alto dimostra di non aver ancora capito la cultura del nuovo partito». La deputata bolognese Sandra Zampa alza il cartellino rosso di fronte al rischio di manovra last minute sulle primarie. «Sarebbe sbagliato se, per evitare un confronto tra candidati “renziani”, si cercasse altrove un’altra personalità. Renzi, che ha sempre sostenuto primarie vere, non può permetterlo».
Onorevole, cosa ne pensa dei tanti tenttennamenti e rumors a meno di una setti mana dalla consegna delle firme per le primarie?
«Penso che non sia un segnale di intelli- genza da parte di tutto il partito. Nonostante la vittoria di Renzi, che si è fatto interprete di un cambiamento interno anche al partito, mi sembra che molti non abbiano capito lo spirito di questo Pd».
E se fosse proprio Matteo Renzi, che ar- riva oggi alla Festa dell’Unità, a rimescolare il mazzo delle candidature?
«Non credo che Renzi entrerà nella partita mettendo i piedi nel piatto. Mi sorprenderebbe che lui, sostenitore e interprete di primarie vere, scelga una strada diversa quando non è in gara. Il fatto che sia così diffusa l’idea che un confronto all’interno della stessa componente sarebbe una sciagura, però, dimostra che la cultura delle primarie non è ancora chiara. Non stiamo facendo una con- ta, non stiamo cercando un nuovo segretario. E non ci deve essere il timore di strascichi dopo il 28 settembre».
In che senso?
«Mi sembra che il terrore, adesso, è una divisione nella componente renziana che danneggerà Renzi e il Pd. Invece non bisogna avere paura del confronto, sano e leale. Basta che Bonaccini, Richetti, Balzani e chiunque partecipi alle primarie si impegnino fin d’ora a dire che dopo il 28 settembre lavoreranno lealmente per il vincitore, insieme ai propri sostenitori».
Resta l’impressione che ci sia un peccato originario in queste primarie: l’eccessiva indecisione di quasi tutti i candidati, colpa anche della lunga ricerca di «un’unità» tutta presunta.
«Capisco l’incertezza iniziale di molti, perché si tratta di una battaglia difficile e prima di buttarti ci vuoi pensare bene. Io avevo sostenuto Bianchi, che non aveva perso tempo, ma capisco la sua scelta di ritirarsi per sostenere Bonaccini. Il candidato unitario funziona se tutti lo vogliono veramente. Come in Piemonte, dove tutti invocavano Chiamparino. Ecco, questa non è mai stata la nostra condizione e mi stupisce che ci sia una nomenclatura che non ha capito il clima tra il proprio popolo. Manca, se voleva correre, doveva candidarsi e fare le primarie come tutti. E se ora ci fosse un altro che alza la mano dovrebbe fare lo stesso, a meno che tutto il partito non si riconosca davvero in un nuovo candidato».