Presente e futuro del PD
Articolo di Sandra Zampa e Albertina Soliani su Il Sole 24 Ore del 1 novembre 2014
C’è di che essere grati a Stefano Folli perché, con il suo commento sulla Bad Godesberg di Renzi (Sole24ore del 27 ottobre), offre la possibilità di affrontare un tema cruciale come quello del presente e del futuro del PD ma, soprattutto, della sua coerenza con l’intuizione politica che l’ha fatto nascere.
Da una parte la Leopolda, dall’altra la manifestazione sindacale della CGIL. I due eventi, tra loro di segno politico contrapposto, portano con sé riflessioni importanti. Una riguarda il padre fondatore del PD. Osserva Folli che con la scelta renziana di rottura con la CGIL “finisce anche il Pd così come l’aveva immaginato e costruito Romano Prodi. Un PD che teneva insieme, magari in modo velleitario, diverse culture politiche e si sforzava di essere la ‘casa comune’ di ex comunisti, cattolici di sinistra, più qualche liberal democratico e altrettanti socialisti”. A chi come noi ha respirato l’aria ulivista dal 1995 e assistito al percorso della formazione dell’Unione nel 2006 si impongono un po’ di riflessioni. Si potrebbe banalizzare rispondendo semplicemente che Romano Prodi il PD non l’ha mai costruito. Peraltro alla sua spinta per farlo nascere, i partiti risposero frenando e scegliendo in prima istanza una federazione. Inoltre, non ha potuto e, come lui stesso precisa oggi, non ha mai voluto costruire “un proprio partito”. Il PDP, partito democratico di Prodi, non è mai esistito. Sono esistite invece le intuizioni, i progetti, le volontà, l’impegno caparbio di tanti- individualmente ma anche collettivamente intesi- che hanno creduto nell’Ulivo, messo a dimora per unire il Paese sotto il segno dei valori che avevano ispirato la Carta costituzionale e di cui si erano nutrite le grandi tradizioni politiche popolare e socialista. Un disegno politico italiano ed europeo che Prodi alimentava, innovando, con una visione profondamente riformatrice. Non è irrilevante: è il fondamento del bipolarismo con cui confliggerebbe un Partito Democratico che si rivelasse “acchiappattutto”. Il bipolarismo sanciva una netta distinzione tra i due poli, tra due proposte idealmente, culturalmente e moralmente, programmaticamente e politicamente alternative. Nel confronto con Berlusconi il Paese per due volte scelse Prodi. Nella scelta si affermava la democrazia. Ma c’è altro ancora. Sfugge spesso a chi fa analisi politica (anche di ottima qualità) il senso e il valore di un percorso storico. Senza la caparbietà di Prodi e di quanti vollero dar vita all’Ulivo, da Parisi ad Andreatta, nessun percorso politico di costruzione di un nuovo grande partito di centrosinistra avrebbe mai avuto inizio. Un grande partito perno di una coalizione capace di rappresentare anche le forze alla sua sinistra. Per Prodi l’idea di non portare al governo la voce di chi si sentiva rappresentato dai partiti della sinistra (da molti definita ‘radicale’) rappresentava uno “spreco” in un Paese come l’Italia, incapace di accogliere le istanze tradizionalmente di sinistra (la giustizia sociale, per dirne una). Evidentemente non era il solo a pensarla così visto che l’Ulivo si è rivelato sempre vincente. Non è stato Prodi a sprecare le occasioni perché portatore di un progetto “velleitario”. È stato semmai chi non ha compreso il valore di quel progetto e di quell’impegno. Questo dovrebbe insegnare qualcosa anche oggi. Anche per il segretario del PD, oggi premier, Renzi c’è da riflettere: la vocazione maggioritaria implica allargamento della base sociale ma non può sbiadire l’identità politica del PD per farne il partito semplicemente “contenitore”, che aggrega le macerie della deriva politica che in questi anni ha abbandonato la sfida di una robusta progettualità programmatica e politica.
Consenso, visione e progetto politico sono inscindibili. Il successo ne riconosce il valore, segue la proposta, non la precede nel vuoto della disperazione. Nell’Ulivo si unirono culture politiche diverse. Oggi vi sono ancora culture politiche? Non si costruisce un progetto politico per il futuro sul deserto della loro irrilevanza, sull’indistinto di un Paese sfiduciato e deluso. Non illudiamoci che un grande partito maggioritario possa ridurre ad “uno” il centrosinistra. Dividere è facile, unire è complicato. Ma l’unità convinta e convincente che si costruisce nel riconoscimento e nel rispetto reciproco é la cifra politica del tempo presente. Così è per il mondo. Occorre avere un’idea che guidi questa unità, come ieri nel tempo dell’Ulivo.
Attenti a non arretrare, nella nuova fase che inevitabilmente ridisegnerà la democrazia nel nostro Paese.
On. Sandra Zampa (vicepresidente Pd), Albertina Soliani (già senatrice ulivista)