Atto Camera – Mozione 1-00671
presentato da ZAMPA Sandra
Mercoledì 19 novembre 2014, seduta n. 334
La Camera, premesso che:
il 20 novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza;
la data ricorda il giorno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò, nel 1989, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Essa indica gli obblighi agli Stati e alla comunità internazionale nei confronti dell’infanzia;
sono oltre 190 i Paesi nel mondo che hanno ratificato la Convenzione. In Italia la sua ratifica è avvenuta il 27 maggio 1991 con la legge n. 176;
nonostante vi sia un generale consenso sull’importanza dei loro diritti, ancora oggi molti bambini e adolescenti, anche nel nostro Paese, sono vittime di discriminazione, esclusione sociale, privazioni materiali e di opportunità;
il 1o luglio 2014 è iniziato il semestre italiano di presidenza, del Consiglio dell’Unione Europea. Tra gli obiettivi prioritari della presidenza, accanto a misure a favore della crescita e dell’occupazione, vi è l’impegno a promuovere un ruolo più attivo dell’Unione nei settori in cui l’iniziativa europea possa creare valore aggiunto, come ad esempio nella tutela dei diritti fondamentali e nelle politiche di asilo e migratorie;
la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha da poco concluso un’indagine conoscitiva – avviata nel 2013 – sulla povertà e il disagio minorile in Italia. L’indagine ha evidenziato che – accanto ad indicatori diretti per rilevare il tasso di povertà minorile nei Paesi ricchi, quali il reddito familiare – sarebbe necessario utilizzare altri indici relativi alla privazione materiale dei bambini, come la possibilità di fare almeno un pasto proteico al giorno, la mancanza di indumenti nuovi o libri da leggere, la possibilità di fare sport o altre attività ricreative:
con specifico riferimento all’attuale riduzione dei fondi per le politiche dell’infanzia, durante le audizioni svolte in sede di indagine è stato evidenziato che tali tagli determineranno ripercussioni in futuro in termini di salute, devianza e offerta di studio, con costi a carico dell’intera società. Ne deriva la necessità di prevedere proposte concrete in grado di sopperire a tali decurtazioni attraverso un migliore utilizzo delle risorse già dedicate all’infanzia;
il 28 ottobre 2014 è stato presentato a Roma il Rapporto Unicef Innocenti report Card 12, dal significativo titolo Children of the recession: the impact of the economic crisis on child well-being in rich countries che indeterminato la condizione dei bambini nei Paesi ricchi dell’Unione Europea. Il rapporto rileva che milioni di bambini sono stati direttamente colpiti dalla recessione (in misura maggiore rispetto ad altri gruppi vulnerabili, come ad esempio gli anziani) e molti ne subiranno conseguenze per il resto della vita. Il rapporto evidenzia, inoltre, che con la recessione sono andati perduti anni di potenziali progressi con conseguente aumento dell’alienazione sociale e della riduzione della crescita della popolazione. Tali conseguenze sono già evidenti in Europa dove la piaga dei bambini colpiti riflette l’aumento della diseguaglianza all’interno degli stati e fra uno stato e l’altro;
l’aumento del divario dovuto alle diseguaglianze minaccia la realizzazione dei progetti di convergenza dell’Unione Europea, come ad esempio la strategia europea 2020 che prevede di «far uscire almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall’esclusione sociale e di aumentare l’occupazione fino al 75 per cento;
la gravità della crisi e la portata della recessione evidenziano che ormai i soli indicatori economici non bastano a rilevare la complessità della realtà sociale e la reale portata dell’impatto sulle persone, in particolare sui minori;
in Italia manca una cornice di riferimento per le linee strategiche fondamentali e per gli impegni concreti del Governo. Le politiche socio-educative attuali sono ancora carenti e frammentarie;
le politiche per l’infanzia si affrontano non con la monetizzazione dei bisogni ma con la costruzione di una rete di servizi;
un recente rapporto di Save The Children (ottobre 2014) relativo alla consultazione pubblica sulla strategia Europa 2020 della Commissione europea affronta il tema della povertà minorile e l’esclusione sociale in Europa. Il rapporto evidenzia che quasi 27 milioni di bambini sono a rischio di povertà o esclusione sociale (Stati membri dell’Unione Europee Islanda, Norvegia e Svizzera);
nei 28 Stati membri dell’Unione Europea, il 28 per cento della popolazione totale di meno di 18 anni risulta a rischio di povertà o di esclusione sociale (la quota del rischio di povertà e di esclusione sociale è più alta tra i bambini rispetto agli adulti nella maggior parte dei paesi Europei), 20,8 per cento dei bambini vive in famiglie con un reddito inferiore al 60 per cento, della media nazionale, il 9 per cento in famiglie con bassissima intensità di lavoro, e l’11,8 per cento, in famiglie indigenti;
i membri del G8, tra cui l’Italia e la Francia, che hanno un PIL pro capite compreso tra euro 24.000 e euro 29.000, registrano da un quinto a un terzo dei loro bambini a rischio di povertà o esclusione sociale;
la crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 ha gravemente colpito i bambini in tutta Europa. Anche in Paesi che hanno registrato tassi di crescita del PIL positivi nel 2010/11, come l’Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Lettonia, Lituania, Malta, Slovenia e Svezia, non si è verificata una diminuzione della povertà minorile. Uno dei motivi principali è che molti paesi europei, dopo aver intrapreso politiche volte a stimolare la spesa pubblica nel 2008 hanno iniziato a ridurre le spese tagliando i trasferimenti sociali, compresi i regimi di sostegno al reddito per i minori e dei servizi essenziali di sanità e di assistenza all’infanzia. Questa situazione è aggravata anche dalla crescente disoccupazione, soprattutto di lunga durata, con un calo del reddito disponibile;
la povertà minorile non si limita alla privazione di beni materiali ma implica che i bambini e gli adolescenti coinvolti non sono in grado di acquisire competenze e capacità atte a far sviluppare appieno le loro potenzialità e talenti. Ciò costituisce per il futuro di un Paese un reale rischio di impoverimento generale: una strategia di sviluppo realmente vincente per l’intero Paese, dovrebbe basarsi proprio sulla protezione di tutti i minori dalla povertà;
la povertà minorile, quale quella educativa (vale a dire il non accesso alle «opportunità formative») si riferisce, soprattutto, all’accesso e alla qualità dei servizi di istruzione, unitamente ai risultati di apprendimento;
in particolare, i primi anni, dalla nascita alla scuola dell’obbligo, rappresentano un periodo cruciale per lo sviluppo del bambino, in quanto è in questo arco di vita che iniziano a formarsi le capacità e le competenze che accompagneranno gli individui per tutta la vita;
gli obiettivi di Barcellona fissati dall’UE miravano a raggiungere il 33 per cento di copertura per i servizi all’infanzia al di sotto dei 3 anni entro il 2010, e il 90 cento di copertura a partire dall’età di 3 anni fino alla scuola dell’obbligo, ma sono risultati lontani dall’essere stati raggiunti dalla maggior parte dei paesi Europei. Nel 2012 nei 28 Stati membri dell’UE, la media di accesso in termini di cura all’infanzia e all’educazione primaria al di sotto dei 3 anni è stata del 28 per cento, mentre per i bambini a partire dall’età di 3 fino alla scuola dell’obbligo ha raggiunto l’83 per cento. I bambini iscritti alle scuole per l’infanzia e alla scuola dell’obbligo primaria generalmente hanno meno probabilità di abbandonare la scuola e di poter ottenere migliori prestazioni scolastiche e acquisire maggiori competenze;
il tasso di abbandono scolastico precoce riguarda la popolazione di età compresa tra 18-24 anni che ha raggiunto un grado di istruzione secondaria inferiore e non prosegue in altri cicli di studio o in altra formazione;
servizi educativi insufficienti e risultati di apprendimento influenzano negativamente le future opportunità di lavoro. Ciò è particolarmente preoccupante se si considera che la percentuale di giovedì disoccupati di età compresa tra 15-24 anni ha raggiunto nel 2013 il 23,3 per cento di media nell’Unione Europea, con punte di oltre il 50 per cento in Spagna e in Grecia (che rappresentano i risultati più bassi dei dati PISA tra i paesi OCSE). Inoltre, la percentuale di giovani che non sono presenti in programmi istruzione né di formazione (NEET) è stata del 13,2 per cento nel 2012;
anche se la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, mira a sottrarre almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà o di esclusione sociale entro il 2020, riducendo l’abbandono scolastico a meno del 10 per cento e assicurare il 75 per cento del lavoro, attualmente l’area UE si sta allontanando dal raggiungimento di questi obiettivi, in particolare per quanto riguarda i bambini e ragazzi. Si tratta di una questione urgente, come evidenziato nel rapporto annuale di crescita del 2014 della Commissione europea: è a rischio perdita di fattori importanti per il suo futuro potenziale economico, culturale e sociale, dal momento che è durante l’infanzia che si formano le competenze cognitive e socio-emozionali di un individuo. La povertà durante i primi anni potrebbe avere effetti negativi che possono durare per tutta la vita;
il semestre europeo, per quanto attiene al meccanismo di monitoraggio delle azioni di implementazione della strategia Europa 2020, è stato incentrato sugli squilibri economici presenti in tutta l’Unione, vale a dire sull’indagine annuale di crescita. Sebbene il meccanismo sia stato arricchito con l’impiego e gli indicatori sociali inseriti nel quadro di controllo integrato nella relazione annuale comune sull’occupazione 2013, l’indagine non è ancora in grado di registrare compiutamente la specificità multi-dimensionale e la complessità della povertà minorile e dell’esclusione sociale in termini di ricaduta negativa sul futuro sviluppo umano e socio-economico dell’Europa e sulla limitazione dell’efficacia delle risposte politiche agli obiettivi di Europa 2020, con particolare riguardo alla povertà;
il rapporto di Save the Children individua tre principali lacune nell’attuale meccanismo di monitoraggio Europa 2020, che potrebbero essere meglio affrontate nella seconda metà del periodo, per fronteggiare i maggiori squilibri costituiti dalla povertà, dalla mancata istruzione e dall’accesso all’occupazione;
a ciò va aggiunta l’aggravante che le voci di bambini non sono ascoltate. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, i bambini hanno il diritto di essere ascoltati e di partecipare alle decisioni che li riguardano, anche fornendo importanti informazioni che potrebbero avere un ruolo determinante da svolgere nell’informare la politica e influenzare misure concrete per la lotta alla povertà infantile e per l’esclusione sociale. Tuttavia, l’attuale sistema di monitoraggio Europa 2020 non ha ancora preso in considerazione meccanismi di partecipazione attiva dei bambini e degli adolescenti;
il 20 febbraio 2013, la Commissione europea ha adottato la raccomandazione «Investire nei bambini: rompere il circolo vizioso dello svantaggio», che contiene una serie di indicatori che rappresentano una solida base per la valutazione della povertà infantile e l’esclusione sociale in modo multidimensionale, tra cui la povertà educativa. La raccomandazione costituisce uno strumento fondamentale ed un contributo importante per la lotta alla povertà infantile in Europa e, soprattutto pone i diritti dell’infanzia, l’interesse superiore del bambino, le pari opportunità e il sostegno ai più svantaggiati al centro della lotta contro la povertà infantile. Con i suoi tre pilastri interconnessi – garantire l’accesso a risorse adeguate, l’accesso a servizi di qualità a prezzi accessibili, e la partecipazione dei bambini – la raccomandazione ha la funzione di incentivo per un’azione concreta e solida in Europa;
in questo senso risulta quanto mai opportuno adottare indicatori solitamente trascurati ma altrettanto importanti dal punto di vista dello sviluppo del bambino, come ad esempio il tempo libero, le attività culturali, l’impegno civile, la qualità di relazioni familiari e sociali, lo status socioeconomico, l’ambiente familiare, la disabilità, e la collocazione geografica. Inoltre, vanno individuati nuovi indicatori progettati e selezionati attraverso la partecipazione attiva dei bambini e dei giovani, che devono essere consultati al momento di pianificare, sviluppare e attuare politiche e durante i processi di monitoraggio e valutazione delle politiche;
l’indice di povertà educativa è stato sviluppato in Italia da Save the Children, con il contributo di eminenti studiosi italiani. L’Indice mira a misurare la povertà educativa come la mancanza di opportunità per i bambini nell’acquisire quelle competenze e capacità che consentano loro di raggiungere il loro pieno potenziale, imparando così a conoscere, a essere, a stare insieme e a fare. L’indice, nel primo anno, ha valutato in particolare la mancanza di accessibilità e servizi educativi «di qualità», «a scuola» e nell’ambiente «di apprendimento» «, per bambini dai 3 anni ai 17 anni, nelle regioni italiane. I 14 indicatori che fanno parte dell’Indice, sono stati selezionati in base ai dati messi a disposizione dal Ministero italiano della pubblica istruzione, dall’Istituto nazionale di statistica, e grazie anche alle consultazioni pubbliche con bambini e ragazzi provenienti da tutto il Paese;
sebbene l’indice sia un primo esperimento da potenziare nei prossimi anni, con riferimento alle opportunità socio-emotive, potrebbe già fornire un valido esempio su come costruire le misurazioni della povertà infantile e l’esclusione sociale, in modo partecipativo, attraverso la consultazione dei bambini e dei giovani; guardando la povertà al di là della privazione materiale, nel suo carattere multidimensionale, alla stregua delle considerazioni sull’accessibilità, sulla qualità dei servizi, e sui gradienti geografici,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative atte ad incentivare il raggiungimento degli obiettivi previsti da Europa 2020 in tema di povertà infantile e di esclusione sociale in Europa, anche attraverso l’utilizzo di indicatori innovativi in grado di misurare il reale discostamento dai parametri prefissati nel medio periodo e capaci di valutare la percezione dell’infanzia rispetto al tema della povertà e dell’esclusione;
a predisporre una cabina di regia – con il coinvolgimento del Garante nazionale per l’infanzia e l’osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza – per coordinare specifiche politiche per l’infanzia anche al fine di evitare una frammentazione delle responsabilità e data la molteplicità di aspetti che il mondo dell’infanzia comporta. Ciò anche in ragione del fatto che il rispetto e l’applicazione dei principi fissati dalla convenzione ONU fanno capo al Governo centrale;
a superare la carenza di un sistema di raccolta di dati e informazioni finalizzata al monitoraggio della condizione minorile, quale fondamentale strumento di valutazione e programmazione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, affinché detti dati siano effettivamente rappresentativi, uniformi e comparabili fra le varie regioni italiane;
a predisporre misure volte a colmare le differenze tra Nord e Sud d’Italia nella copertura dei servizi di assistenza omogenea rispetto alle regioni del centro nord, superando le sperequazioni ed assicurando in tal modo un sistema educativo ed un welfare adeguato, moderno ed inclusivo;
a prevedere ulteriori interventi, anche di tipo fiscale, per il sostegno alle famiglie in condizione di povertà estrema;
ad individuare e ad assumere iniziative per allocare risorse per finanziare progetti di sostegno ed incentivazione allo studio da rivolgere ai ragazzi che si trovano in situazioni familiari a rischio di esclusione sociale;
a prevedere misure in grado di garantire ai bambini e agli adolescenti il diritto di accesso a tutti i servizi, in particolare a titolo gratuito alle famiglie e ai bambini in condizioni di povertà certificata, in primo luogo quelli collegati all’istruzione (nidi, scuola primaria a tempo pieno/prolungato), al servizio mensa scolastico e ad attività pedagogiche, sportive e ricreative;
a realizzare campagne di sensibilizzazione, nazionali e locali, al fine di combattere e superare i residui atteggiamenti di chiusura e di resistenza alla dimensione internazionale della scuola italiana, favorendo così l’inclusione e l’integrazione di tutti i minori stranieri che frequentano le scuole nel nostro Paese;
a dare piena attuazione alla Convenzione di Lanzarote garantendo in particolare alle bambine, in Italia e nel mondo, un adeguato sistema di istruzione, salute e protezione da violenze ad abusi;
a promuovere ed incentivare – durante il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione, Europea – un approccio comunitario alla lotta alla povertà infantile e all’esclusione sociale incentrato sui diritti dei minori in conformità con gli impegni sanciti dalla Convenzione sull’Infanzia, nonché a promuovere valutazioni omogenee nell’ambito dei Paesi dell’Unione Europea sull’impatto della recessione sui minori;
a rinnovare gli impegni assunti con la ratifica della Convenzione ONU il 27 maggio 1991 con la legge n. 176 del 1991, con particolare riguardo all’esclusione sociale.
(1-00671) «Zampa, Iori, Lenzi, Antezza, Marzano, Gullo, D’Incecco, Zanin, Scuvera, Carloni, Sbrollini, Piccione».