Carissime amiche, carissimi amici
non voglio chiudere l’anno senza un cenno agli avvenimenti politici che hanno prodotto tanti cambiamenti nel PD e ai problemi che ancora pesano sulla vita di tante, troppe, persone e famiglie.
I dati diffusi dall’Istat nel suo ultimo rapporto sulla coesione sociale ci consegnano l’immagine di un Paese drammaticamente in sofferenza: sempre più povero (il dato risulta raddoppiato a confronto con quello del 2005 e, nel nord Italia, triplicato) e sempre più vecchio.
La nostra personale esperienza ci conferma la gravità dei danni prodotti da una crisi che sembra senza fine: abbiamo tutti amici o familiari disoccupati, con problemi di lavoro e di reddito. Gli esperti hanno stimato che le sue conseguenze sono pari a quelle di una guerra.
Non vanno meglio le cose se si leggono le tendenze dell’opinione pubblica: crollata la fiducia nelle istituzioni, con la sola eccezione della Chiesa di Papa Francesco e delle forze dell’ordine, si mette ormai in discussione il valore della democrazia rappresentativa. La più recente indagine Demos curata da uno dei massimi studiosi dei fenomeni sociali e politici, Ilvo Diamanti, ci dice che il 30% degli italiani ritiene che vi si possa rinunciare. Stato, Regioni e persino Comuni, un tempo avvertiti come un “baluardo” a tutela della fiducia dei cittadini cedono sotto il peso del sentimento antipolitico. Per non parlare appunto del Parlamento e dei partiti, crollati nella stima e nella fiducia degli italiani al punto da metterne in discussione la ragione d’essere.
Chi ci salverà dunque se la maggioranza di noi pensa che non valga la pena fare progetti per il futuro? Come ci si rialza se si è persa la speranza?
Quando mi interrogo devo prendere atto di quanto sia necessario invertire la tendenza mettendoci tutto di se stessi, come in una scommessa personale.
Occorre leggere piccoli segnali, come quello timidissimo della fiducia delle imprese manifatturiere o del calo dello spread tornato a 215, cioè ai livelli del 2011 (ma lontanissimo da quel 32 raggiunto dal governo Prodi uscente nel 2008) per confidare nel futuro e nella ripresa. Ma occorre saper interpretare anche i segnali che arrivano dalla società: desiderio di partecipazione, disponibilità a mobilitarsi sono ben vive. Da una “società effervescente e in movimento” come la definisce Diamanti, potranno arrivare, se lo sapremo fare, gli stimoli a trasformare la crisi in un cambiamento positivo.
La voglia di esserci l’abbiamo misurata alle primarie del PD. Quasi tre milioni di persone si sono mobilitate per scegliere il cambiamento, per rinnovare la fiducia e ridare speranza al progetto di un grande partito riformista. Ogni voto espresso a un gazebo ci ha confermato che siamo in tanti a pensare che solo attraverso una netta affermazione del PD passi la rinascita del Paese.
L’ampia vittoria di Matteo Renzi alle primarie ci consegna un partito rinnovato nella sua classe dirigente, determinato ad affrontare i problemi dell’Italia, a misurarsi con il governo senza sconti e senza timidezze, a dire con forza le nostre ragioni e a declinare nell’innovazione i nostri valori antichi.
Per me, che ho sostenuto al Congresso con entusiasmo e convincimento, la candidatura di Pippo Civati, le ragioni di soddisfazione per il risultato delle primarie sono ancora più grandi: come non misurare il valore di un’affermazione conquistata centimetro per centimetro, nell’oscuramento quasi assoluto dei media e senza alcun esponente della nomenclatura democratica schierato a sostegno?
Sono certa che il rigore etico di Civati, la sua capacità di parlare ai giovani e ai troppi elettori dal PD che, delusi da noi, abbiamo perso in questi anni, si riveleranno preziosi per conquistarsi il consenso popolare.
Quando sono stata chiamata a salire sul palco dell’Assemblea riunita a Milano il 15 dicembre, dopo l’elezione alla vicepresidenza del PD, ho avvertito tutta la responsabilità di ciò che siamo chiamati a fare: da noi dipende che il desiderio di partecipazione e di cambiamento dell’Italia si trasformi in una forza potente, capace di spazzare finalmente via le resistenze che sempre, nella storia del Paese, si sono opposte a chi lavorava per un’Italia più giusta e più moderna. Da noi dipende la capacità di restituire dignità e valore al sistema politico e alle istituzioni che dal quel sistema sono rappresentate.
Occorre conservare e rinnovare ad ogni occasione l’entusiasmo e la forza che quell’Assemblea profondamente rinnovata ha trasmesso a noi che eravamo lì ma anche a quanti attendono, da tempo, di misurare con i fatti il valore delle nostre parole.
Confidando dunque nel 2014, nella nostra determinazione, nella capacità di restituire speranza alle tante persone che l’hanno persa, e di costruire il cambiamento, auguro a ciascuno di voi un generoso e sereno anno nuovo!
SZ