oggi è stata convocata la Direzione nazionale del Pd per un confronto sulla legge elettorale. Per questa ragione ritengo opportuno condividere con voi l’approfondimento diffuso dal Cise (Luiss) nei giorni scorsi: in modo semplice ed efficace si può capire come funzionerà l’Italicum se venisse approvato così come è ora dopo le modifiche approvate al Senato. Mi pare doveroso darvi conto della mia opinione fermo restando che la materia elettorale è squisitamente politica: ciò implica che non si potrà legittimamente invocare il voto secondo coscienza quando si tratterà di decidere in aula.
Il dibattito, anzi lo scontro che si è aperto in questi giorni tra minoranza e maggioranza rischia di farci perdere di vista il vero nodo: una legge elettorale non può essere un problema “della minoranza”, e non può essere un problema che riguarda le relazioni tra maggioranza e minoranza del Pd. La legge elettorale riguarda il Paese. Riguarda la democrazia, un bene che appartiene al popolo. Non a un partito e tanto meno a una parte, grande o piccola di quel partito. La ferita inferta dalla legge elettorale che porta il nome di Calderoli non ha riguardato tanto e solo la coalizione di centro sinistra allora guidata da Prodi (tanto che si parla impropriamente di governo dell’Unione perché fu impedito dalle norme elettorali che si potesse presentarne il simbolo) ma il Paese intero. Rendere impossibile una vittoria elettorale (l’unione ha raccolto il più grande numero di voti in assoluto mai raccolti da una formazione di centrosinistra) significa impedire la governabilità di un Paese. Credo che i prezzi di quanto accaduto nel 2008 li abbiamo pagati duramente prima di tutto come cittadini.
È dunque all’Italia e solo all’Italia che dobbiamo guardare quando pensiamo alla nuova legge elettorale. Per me stessa resto convinta che la priorità sia quella di accorciare le distanze tra eletti ed elettori, tra società e sistema politico, assicurando nella massima misura possibile all’elettore la possibilità di conoscere e scegliere chi votare e dare un governo certo e stabile al Paese con un programma di coalizione chiaramente alternativo a quello di centrodestra. Non condivido l’ipotesi di correzione al testo attuale dell’Italicum introducendo una più larga estensione della preferenza. Da questa strada arriva solo danno. Semmai si proceda ad approvare una legge sulle primarie dei parlamentari così da regolarle seriamente ed estenderle a tutti i partiti garantendo la trasparenza e la correttezza del metodo.
Penso dunque che se si aprirà in Direzione alla possibilità di rimettere mano al testo, questa debba essere l’occasione per far ritorno ai collegi, piccoli e con garanzia di equilibrio di genere nell’esito. Credi possa anche rappresentare l’opportunità per tornare a riflettere seriamente sul prezzo politico che il premio alla lista e non alla coalizione farà pagare al centrosinistra. Resto convinta che l’apertura ulivista alle grandi culture politiche che hanno costruito l’Italia democratica e il disegno di portarle a sintesi sia stata e sia una fatica che vale la pena. Il rischio di non farlo è che a sinistra del Pd cresca e si radicalizzi una forza antagonista: sabato 28 marzo in piazza con Landini ne abbiamo avuto un assaggio. Portare quelle energie a cultura di governo è un’ambizione degna di passare alla storia.
Eravamo ad un soffio dal traguardo. Oggi siamo tornati ad essere divisi e lontani. Non credo sia utile.
S. Z.
Potete trovare qui l’approfondimento diffuso dal Cise (Luiss):
“L’Italicum punto per punto: ecco cosa prevede”.