Chi mi ha seguito in questi cinque anni, difficilissimi per l’Italia e talora drammatici per la tenuta delle Istituzioni, sa che mi sono battuta in prima persona per abolire, con il referendum, l’orrida legge del “porcellum” che l’allora ministro di Berlusconi, Calderoli, fece approvare con il voto di quasi tutte le forze politiche -UDC di Casini e AN di Fini compresi- per impedire la vittoria del centrosinistra guidato da Romano Prodi. Un proponimento che è andato a buon fine. I danni che ne sono venuti al Paese sono sotto i nostri occhi e c’è chi li paga ogni giorno in una misura grandissima.
Penso a chi è senza lavoro, a chi è in condizioni di povertà incipiente o assoluta ma penso anche ai nostri giovani, precari o senza lavoro, ai giovanissimi in scuole pubbliche sempre più impoverite, alle donne sulla cui intelligenza e capacità non si investe, agli insegnanti ignorati e non valorizzati, ai sindaci alle prese con bilanci che non tornano, agli immigrati i cui figli non hanno diritto a dirsi cittadini italiani pur essendo nati qui, ai tanti, troppi bambini e adolescenti che, privati di ciò cui avrebbero diritto, sono in carcere o sulla strada magari dopo viaggi disperati per fuggire dalla fame o dalla violenza, alle istituzioni culturali trattate come una voce di spesa che va semplicemente ridotta.
Se il governo di Prodi e di un galantuomo come Padoa Schioppa fosse arrivato alla sua conclusione naturale l’Italia avrebbe potuto affrontare la crisi in condizioni diverse da quelle che ci hanno costretti a un governo dei tecnici.
Di fronte alla grandezza del problema e alla drammaticità della situazione ci si sente “piccoli” ma stare in Parlamento in questi anni, avere lavorato nel Partito Democratico “in squadra” con le colleghe parlamentari soprattutto, mi ha insegnato che, combattuta insieme, la battaglia politica porta frutti. In questi cinque anni ho spesso misurato la fatica grande per portare a casa un risultato che qualcuno neppure sapeva o poteva riconoscere o conosce. Mi è persino sembrata “sproporzionata” ma so che non era così. E la gioia di aver potuto realizzare qualche passo avanti mi ha ripagato della fatica e anche della difficoltà di essere parlamentare negli anni della “casta” che ci ha resi tutti uguali agli occhi della pubblica opinione. La prima vittoria la ricordo ancora: quando denunciai in aula, perché lì era riuscito ad arrivare, un provvedimento leghista che avrebbe istituito le classi differenziate per gli immigrati. Si alzarono in tanti in aula, la denuncia divenne corale. Fu ritirato.
Oggi vi chiedo di aiutarmi a trovare il consenso necessario a tornare in Parlamento. La mia speranza è di arrivarci con una maggioranza di centrosinistra forte che ci permetta di pronunciare le parole equità, giustizia sociale e futuro riempiendole di contenuti. La mia, ma sono certa di interpretare anche la vostra speranza, è che l’impegno per la vittoria non venga disperso, che il senso delle priorità delle battaglie politiche sia chiaro così da fare, uno dopo l’altro, quei passi che possono restituire al Paese il troppo che gli è stato portato via dal governo di Berlusconi e della destra in termini di sviluppo, crescita sociale e culturale, pari opportunità e anche dignità.
Non sarà facile. Sono tanti a non volere un centrosinistra vittorioso e al governo. Io mi batterò per questo. Grazie di quello che farete con me e per me,
Sandra Zampa