Giro: “Attacco a Medici senza frontiere a Kunduz fu errore della Nato”
(Dire) )- ROMA – Il governo italiano riconosce che il bombardamento dell’ospedale di Medici senza frontiere a Kunduz, in Afghanistan, del 3 ottobre 2015 fu frutto di “numerosi errori e falle procedurali” da parte del comando Nato operativo in Afghanistan. E lo fa attraverso le parole di Mario Giro, viceministro agli Affari esteri con delega alla Cooperazione internazionale. Rispondendo oggi alla Camera all’interrogazione presentata dalla deputata del Partito democratico Sandra Zampa sull’attacco al Kunduz trauma centre (Ktc), in cui persero la vita 30 persone – tra cui 13 membri dello staff medico, 10 pazienti e 7 persone la cui identita’ non e’ stata ancora determinata – il viceministro Giro ha illustrato i risultati emersi a fine novembre dall’inchiesta che la Nato – le cui procedure standard “sono in teoria volte a ridurre al minimo le possibilita’ che vittime civili vengano coinvolte nel corso di operazioni militari” – ha avviato subito dopo l’incidente. Da quell’indagine e’ emerso “un malfunzionamento dei sistemi di bordo”, che insieme agli altri errori procedurali ha indotto l’equipaggio dell’aereo che ha colpito la struttura “a scambiare l’ospedale per la sede locale dell’intelligence afgana, in quel momento occupata dai talebani”. Mario Giro ha inoltre sottolineato che il comandante della missione a guida Nato Resolute support e delle forze Usa in Afghanistan, il generale Campbell, “ha peraltro confermato che le coordinate dell’ospedale erano state prese in carico dal comando di Resolute support e inserite nell’elenco delle cosiddette no-strike facilitie”. In un primo momento a Msf era stato infatti contestato il fatto di non aver trasmesso questi dati, errore da subito smentito dai responsabili dell’Organizzazione.
Il viceministro Giro ha poi aggiunto che l’inchiesta Nato ha messo in luce “una chiara violazione delle regole di ingaggio da parte del comandante delle forze speciali che ha ordinato l’attacco, rispondendo alla richiesta di aiuto delle forze di sicurezza afgane”, e ha tenuto a ribadire che “tutto il personale piu’ direttamente coinvolto nell’episodio e’ stato sospeso dal servizio in attesa della formalizzazione dei provvedimenti amministrativi e disciplinari, nonche’ eventualmente della giustizia ordinaria”. I risultati di questa indagine non si discostano di molto da quelli raggiunti dal team congiunto Nato-Afghanistan, elemento utile per Giro a sottolineare “la piena volonta’ di tutte le parti coinvolte di acclarare gli eventi bellici che hanno condotto all’attacco e di accertare le relative responsabilita’, a prescindere- aggiunge il viceministro- dall’avvio di una commissione internazionale indipendente d’inchiesta da parte delle Nazioni Unite”. In conclusione, Mario Giro ha voluto sottolineare ancora che l’Italia “riconosce pienamente l’alto valore dell’operato svolto da Msf” in Afghanistan e ricordato che il Governo “ha espresso vivo rammarico per la tragedia, definita dal Ministro Paolo Gentiloni ‘un errore tragico ed ingiustificabile’”. Onde evitare che “simili tragedie possano ripetersi”, conferma la volonta’ da parte del Governo di “sostenere in ambito Nazioni Unite, anche in raccordo con i partner dell’Unione europea, la necessita’ che venga integralmente garantito il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario nei conflitti in corso, condannando fermamente eventuali violazioni perpetrate dalle parti”. Subito dopo l’attacco Medici senza frontiere assicuro’ che, nel rispetto delle norme del diritto internazionale umanitario, aveva raggiunto l’accordo con tutte le parti coinvolte nel conflitto di rispettare la neutralita’ della struttura. Dopo l’attacco la presidentessa internazionale di Msf Joanne Liu dichiaro’: “Noi abbiamo rispettato gli accordi. Il centro traumatologico di Kunduz era un ospedale pienamente funzionante e al momento degli attacchi aerei erano in corso degli interventi chirurgici. Il divieto di ingresso alle armi nelle strutture di Medici senza frontiere e’ stato rispettato e il personale ospedaliero aveva il pieno controllo della struttura prima e durante attacchi aerei”.
XVII LEGISLATURA
Iniziative di competenza per l’avvio delle indagini, da parte della Commissione umanitaria internazionale, in merito agli attacchi aerei che hanno colpito il centro traumatologico Kunduz in Afghanistan, gestito da Medici senza frontiere – 3-01864
ZAMPA, QUARTAPELLE PROCOPIO, D’INCECCO, CARRA, GNECCHI, IORI, CARLONI, MOGNATO, RUBINATO, BRUNO BOSSIO, VENITTELLI, MARCHI, VALIANTE, GANDOLFI, GIUSEPPE GUERINI, MATTIELLO, TENTORI e LATTUCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la notte del 3 ottobre 2015, raid aerei americani hanno colpito in modo continuativo il centro traumatologico Kunduz trauma centre, in Afghanistan, gestito dall’organizzazione internazionale medico-umanitaria, Medici senza frontiere. Nel raid sono morte 30 persone, di cui 13 membri dello staff di Medici senza frontiere, 10 pazienti e 7 persone che non è stato possibile identificare;
a quanto si apprende dall’organizzazione Medici senza frontiere, il Governo americano ha ammesso l’errore ed espresso le proprie scuse con una telefonata del Presidente Obama alla presidente dell’organizzazione, dottoressa Joanne Liu;
Medici senza frontiere lavora a Kunduz dal mese di agosto 2011, quando è stato aperto il centro traumatologico. Il Kunduz trauma centre era l’unica struttura del suo genere nel nord-est dell’Afghanistan. Il centro traumatologico forniva assistenza chirurgica gratuita di alto livello alle vittime di traumi generici, come gli incidenti stradali, e ai pazienti che si presentavano con lesioni da conflitto, per esempio esplosioni di bombe o colpi di arma da fuoco. L’ospedale aveva 92 posti letto, che erano aumentati eccezionalmente a 140 alla fine del mese di settembre 2015 per far fronte al numero senza precedenti di ricoveri. Il Kunduz trauma centre era dotato di un reparto di emergenza, tre sale operatorie e un’unità di terapia intensiva, nonché di reparti di radiologia, farmacia, fisioterapia e laboratori;
il centro traumatologico impiegava un totale di 460 dipendenti. Dall’apertura del Kunduz trauma centre nel 2011, erano stati effettuati oltre 15.000 interventi chirurgici ed erano stati trattati più di 68.000 pazienti in emergenza;
il 5 novembre 2015 Medici senza frontiere ha pubblicato un rapporto interno che esamina gli attacchi del 3 ottobre 2015 da parte delle forze statunitensi sull’ospedale di Medici senza frontiere nell’Afghanistan settentrionale. L’analisi cronologica dei fatti che si sono susseguiti, durante e immediatamente dopo gli attacchi aerei, attesterebbero che non vi sarebbe stata alcuna ragione per cui l’ospedale dovesse essere colpito. Non c’erano combattenti armati o combattimenti nell’area dell’ospedale;
l’analisi redatta da Medici senza frontiere mostrerebbe i fatti all’interno dell’ospedale nei giorni precedenti e durante l’attacco. Il rapporto comprende i dettagli della disposizione delle coordinate gps e il registro delle telefonate da parte di Medici senza frontiere alle autorità militari nel tentativo di fermare gli attacchi aerei;
sulla base del diritto internazionale umanitario, Medici senza frontiere aveva raggiunto l’accordo di rispettare la neutralità dell’ospedale con tutte le parti in conflitto;
la dottoressa Joanne Liu, presidente internazionale di Medici senza frontiere, ha dichiarato: «Noi abbiamo rispettato gli accordi. Il centro traumatologico di Medici senza frontiere a Kunduz era un ospedale pienamente funzionante e al momento degli attacchi aerei erano in corso degli interventi chirurgici. Il divieto di ingresso alle armi nelle strutture di Medici senza frontiere è stato rispettato e il personale ospedaliero aveva il pieno controllo della struttura prima e durante attacchi aerei»;
il direttore generale di Medici senza frontiere, dottor Christopher Stokes, ha dichiarato: «Stanno circolando alcuni resoconti pubblici che affermano che l’attacco al nostro ospedale potrebbe essere giustificato dal fatto che stavamo curando dei talebani. Ai sensi del diritto internazionale, i combattenti feriti sono pazienti, non devono subire attacchi e vanno curati senza discriminazioni. Il personale medico non dovrebbe mai essere punito o attaccato perché fornisce cure ai combattenti feriti». La dottoressa Liu ha, altresì, dichiarato: «L’attacco ha annientato la nostra capacità di soccorrere i pazienti nel momento in cui ne hanno più bisogno. Un ospedale funzionale che cura pazienti non può così facilmente perdere il suo status di protezione ed essere attaccato»;
secondo quanto reso noto da Medici senza frontiere tra i 105 pazienti al momento dei bombardamenti, vi erano, infatti, combattenti feriti di entrambe le parti in conflitto a Kunduz, così come donne e bambini;
le conclusioni del documento di Medici senza frontiere rilevano che:
a) «prima dell’attacco, l’accordo di rispettare la neutralità della struttura medica in base alle sezioni applicabili del diritto umanitario internazionale era pienamente in atto e concordato con tutte le parti in conflitto;
b) al momento dei bombardamenti, il Kunduz trauma centre era completamente funzionante come ospedale, con 105 pazienti ricoverati e interventi chirurgici in corso;
c) al momento dei bombardamenti, le direttive di Medici senza frontiere in ospedale erano attuate e rispettate, compresa la politica del “no alle armi”, e Medici senza frontiere era in pieno controllo dell’ospedale;
d) al momento dei bombardamenti, non c’erano combattenti armati all’interno del complesso ospedaliero e non c’erano combattimenti in corso provenienti dal Kunduz trauma centre o nelle immediate vicinanze;
e) le coordinate gps fornite a tutti i gruppi armati erano corrette e le équipe di Medici senza frontiere a Kabul e New York avevano preso i contatti necessari per avvisare le parti in conflitto degli attacchi aerei;
sulla base di queste conclusioni, è urgentemente necessario un riconoscimento ampiamente concordato e inequivocabile delle regole pratiche in base alle quali gli ospedali operano nelle zone di conflitto. Ciò significa:
a) un ospedale funzionante che cura pazienti, come quello di Kunduz, non può semplicemente perdere la protezione ed essere attaccato;
b) i combattenti feriti devono essere trattati senza discriminazione e non possono essere attaccati, il personale medico non può essere punito o attaccato perché fornisce cure ai combattenti feriti»;
considerata la sequenza di attacchi alle strutture sanitarie che si stanno verificando con sempre maggiore intensità nei conflitti attuali (dal Sud Sudan allo Yemen, dalla Siria all’Afghanistan), l’organizzazione Medici senza frontiere ha richiesto al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ulteriori iniziative di natura diplomatica per riaffermare i princìpi del diritto internazionale umanitario e il rispetto delle Convenzioni di Ginevra e, dal giorno dei raid americani, si è mobilitato a livello internazionale e in particolare affinché fosse attivata la Commissione umanitaria internazionale per l’accertamento dei fatti (International humanitarian fact-finding Commission) prevista e mai attivata dal primo protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1977;
la Commissione ha dato la propria disponibilità ad un’indagine imparziale e indipendente sui fatti, tuttavia per iniziare la sua attività necessita del consenso dei due Stati parti in causa, nello specifico Stati Uniti e Afghanistan. La richiesta da parte della Commissione è stata resa ufficiale per mezzo di due lettere identiche fatte arrivare ai rispettivi Governi il 7 ottobre 2015;
è di fondamentale importanza che si faccia luce sull’evento e che la Commissione possa espletare il suo mandato fino ad oggi silente –:
se il Governo non ritenga opportuno intraprendere iniziative affinché il Governo statunitense autorizzi la International humanitarian fact-finding Commission ad avviare l’indagine sugli avvenimenti del 5 novembre 2015 che hanno coinvolto il centro traumatologico di Kunduz in Afghanistan, onde far luce pienamente sugli eventi e riaffermare i princìpi del diritto internazionale umanitario ed il rispetto delle Convenzioni di Ginevra. (3-01864)