Zampa: «l’Italia ha già risposto a Salvini con 4mila tutori volontari»
Intervista di Sara De Carli a Sandra Zampa su Vita.it del 07 luglio 2018
Il ministro Salvini ha chiesto ai prefetti un giro di vite nella concessione di permessi di soggiorno per motivi umanitari. Sandra Zampa: «i minorenni in quanto tali hanno gli stessi diritti di un migrante a cui è stata già riconosciuta la condizione di rifugiato o una protezione internazionale di qualsiasi tipo. È una legge dello Stato e vale per tutti, se la si vuole modificare si vada in Parlamento».
Quattromila italiani hanno dato la disponibilità a diventare tutori volontari di un minore non accompagnato. Sono loro la risposta dell’Italia alla paura e alla chiusura, come pure al ministro Matteo Salvini che ha chiesto ai Prefetti e alla commissione per il diritto d’asilo un “giro di vite” nel riconoscimento del permesso di soggiorno per protezione umanitaria: «rigore nell’esame delle vulnerabilità», sono le parole che ha usato il ministro. Essere minori è una vulnerabilità di per sé? O la stretta riguarderà anche loro? Sandra Zampa è l’autrice della legge 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, che ha da poco compiuto un anno. Oggi è vicepresidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati e esperta Unar. Lei non ha dubbi: «In quanto minorenni hanno gli stessi diritti di un migrante a cui è stata già riconosciuta la condizione di rifugiato o una protezione internazionale di qualsiasi tipo. È una legge dello Stato e vale per tutti, se la si vuole modificare di deve andare in Parlamento, non so cosa significhi mettere in discussione la protezione umanitaria per i minori». I tutori volontari sono simbolo di un desiderio di accoglienza, «ci dicono che il Paese comprende benissimo. È una risposta positiva a un problema in atto, che indica anche un metodo: coinvolgere la società nella trasformazione che la riguarda può essere una strada per affrontare le migrazioni includendo e integrando, perché è vero che l’immigrazione ha come suo limite la possibilità di integrare».
Nell’aprile 2017, quando la legge che introduce la figura del tutore volontario per i minori non accompagnati è entrata in vigore, si aspettava questa risposta da parte della cittadinanza?
Francamente no, ci speravo ma non me lo aspettavo. Adesso invece è una legge che l’Europa sta studiando, proprio nel punto dei tutori. Io sono convinta che possiamo raddoppiare questi numeri e arrivare a 8mila tutori: non dico che sia necessario avere un tutore per ogni minore non accompagnato presente in Italia, ma dobbiamo andarci vicino. Ricordo però anche da dove partiamo: a Bologna e a Palermo ci sono stati assessori nominati tutori di 500/550 minori ciascuno, una presa in giro. Ovviamente per raddoppiare il numero dei tutori serve un lavoro più attivo e alcuni passi che ancora oggi mancano.
Che cosa manca ancora?
Il punto centrale è che i nostri tutori non debbono sentirsi soli. Frequentare questi ragazzi a volte è solo molto gratificante, alcuni però hanno eventi così traumatici alle spalle o culture così diverse dalla nostra che sono molto diffidenti. A un recente convegno del CIR mi ha avvicinato una giovane tutrice, abbinata a un ragazzo curdo: mi ha raccontato della diffidenza che questo ragazzo ha avuto per mesi nei suoi confronti, questa è una cosa che chi dà la sua disponibilità a diventare tutore probabilmente non immagina. Quasi contemporaneamente mi ha telefonato Pietro Marcenaro, che è stato il primo presidente del Comitato per i diritti umani del Senato, da poco tutore di un giovane senegalese: lui mi ha raccontato un’esperienza molto diversa, dicendo «Io non so quanto sto riuscendo a fare per questo ragazzo, ma so quanto sta facendo lui per me». Dovremmo creare attorno ai tutori volontari un sistema simile a quello che c’è in Olanda, per cui loro hanno un punto di riferimento, possano scambiarsi idee ed esperienze tra loro, possano diventare una comunità. Sto lavorando perché si realizzi questo obiettivo, ho anche qualche idea in mente… Cose come l’assicurazione o i permessi dal lavoro servono, ma non potevano essere inseriti nella legge, non era quella la sede.
Sappiamo però che pochissimi fra quanti si sono candidati a diventare tutori sono di fatto stati nominati e abbinati a un minore…
Certo, bisogna che magistrati minorili assumano con più impegno la necessità di fare gli abbinamenti. La legge ha riconosciuto il ruolo dei magistrati minorili, non c’è nessun passaggio che avviene fuori dal tribunale minorile, per valorizzare al massimo questa specializzazione: ora chiediamo loro di procedere con urgenza agli abbinamenti. Al termine della formazione subito ci deve essere la costituzione dell’albo dei tutori e subito deve essere fatto l’abbinamento con un ragazzo. Sappiamo la pericolosità della condizione di limbo per i minori non accompagnati, loro hanno bisogno subito di questo tutore.
Il ministro Salvini ha detto che «continueremo ad accogliere donne e bambini che scappano veramente dalla guerra, ma ho chiesto di bloccare le decine di migliaia di immigrati clandestini che non hanno alcun diritto a questa tutela».
Non so cosa significhi mettere in discussione la protezione umanitaria per i minori. Questa legge tutela in modo assoluto i minori, il suo principio cardine è che i minori non accompagnati sono prima di tutto bambini, prima di essere migranti: loro sono per definizione in una condizione di particolare vulnerabilità legata allo status di minorenne. Questa legge impedisce che anche solo si discuta del riconoscimento dello status di rifugiati o di protezione umanitaria per loro, in quanto minorenni non possono essere respinti, espulsi né considerati clandestini, per nessuna ragione. In quanto minorenni hanno gli stessi diritti di un migrante a cui è stata già riconosciuta la condizione di rifugiato o una protezione internazionale di qualsiasi tipo. È una legge dello Stato e vale per tutti, se la si vuole modificare di deve andare in Parlamento.
Quale punto della legge 47 invece non è ancora pienamente attuato?
Restano davvero sottovalutato l’articolo che prevede più affidi familiari. Intanto questo è un problema che chi ha la delega alle politiche per l’infanzia e l’adolescenza deve porsi, perché non riguarda solo i minori non accompagnati. Ministero dell’Interno e ANCI dovrebbero investire in formazione per far sapere alle famiglie italiane e non solo che è possibile accogliere un minore non accompagnato in affido: l’affido è un modo per aprire a un’integrazione di altissimo livello. Penso anche alle tante famiglie di stranieri regolari, la solidarietà tra generazioni di migranti ha riguardato anche noi italiani all’estero, avere un affido omoculturale forse può rendere un ragazzo neo arrivato più sicuro, il suo percorso può diventare più facile e per il Paese è un elemento in più per promuovere l’integrazione perché un minore porta con sé la necessità di confrontarsi con la scuola, con i servizi, è stimolo a un’integrazione maggiore.