Quell’ ipoteca sul futuro dell’Italia
Articolo di di Sandra Zampa e Vanna Iori su Il Sole 24 Ore del 08 febbraio 2015
Il Sole 24 Ore ha di recente portato all’attenzione pubblica l’esistenza nel nostro Paese di un vero e proprio ”terzo stato”, una realtà popolata di persone che, per dirla con Luca Ricolfi, «stanno fuori». Sono gli esclusi, individui impediti dalla possibilità di vivere una vita normale, in condizioni di povertà assoluta o relativa.
Di quel popolo fanno parte con allarmante consistenza numerica sempre più minori. I dati che descrivono questo fenomeno sono gravi e in progressione continua come testimonia il documento conclusivo di un’indagine condotta dalla Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza che per conoscere le vere dimensioni del problema ha svolto nel corso del 2014 un notevole numero di audizioni con associazioni, rappresentanti di istituzioni ed esponenti del governo.
Per avere un’idea della gravità della situazione basta richiamare un dato tra gli altri: l’aumento della povertà minorile risulta decisamente più significativo di quello riferito alla popolazione adulta. Se per la popolazione adulta si è passati da 9,6 milioni di individui in povertà relativa nel 2012 a poco più di 10 milioni nel 2013, per i minori si sale da 4,8 a 6 milioni.
Nel confronto europeo questo dato colloca l’Italia agli ultimi posti della classifica per quel che riguarda la povertà minorile. Ciò si deve al fatto che nel nostro Paese non solo si investono meno risorse, ma la capacità di ridurre la povertà risulta deficitaria e inefficace.
Accanto ai minori poveri, in termini assoluti o relativi, l’Istat ha indicato alla Commissione l’opportunità di considerare coloro che vivono in condizioni di svantaggio rispetto ai coetanei. Per intenderci: se nel 2007 un pasto proteico ogni due giorni era precluso al 6.2% dei bambini, nel 2013 la percentuale sale al 44%.
Tutti i dati mostrano che all’avanzare della crisi invece che aumentare le tutele in Italia si è rimasti fermi o peggio. Si sono ridotte le risorse e, anche per effetto del taglio dei trasferimenti agli enti locali, i servizi all’infanzia non sono stati attivati o estesi.
La povertà minorile non è solo un fenomeno inaccettabile dal punto di vista etico, ma è anche una pesante ipoteca sul destino di centinaia di migliaia di bambini e bambine, nonché sul futuro dell’intero Paese.
Diverse forme di povertà portano con sé anche violenze e abusi, prostituzione, lavoro minorile, accattonaggio, affiliazione alle gang delinquenziali. Ma povertà è anche mancanza di diritti, di istruzione e di opportunità formative, di vacanze, di cinema, di libri, di spazi per giocare, di chiusura familiare nel guscio dell’isolamento che rende più difficile individuare le invisibili criticità interne ai nuclei cosiddetti “normali”.
Per questo occorre affrontare l’emergenza povertà su più fronti. Sono innanzitutto fondamentali interventi precoci e investimenti sull’istruzione prescolastica – in Italia ancora meno di due bambini su dieci frequenta un asilo nido – e sul prolungamento del tempo scuola.
Ci sono poi versanti educativi completamente scoperti. Ad esempio mancano servizi di sostegno al ruolo genitoriale, presenti in molti Paesi europei.
Particolarmente urgente è l’affiancamento genitoriale nelle separazioni di coppia Il fenomeno è diffusissimo e in aumento costante: sono circa 70 mila i minorenni che vivono ogni anno l’esperienza separativa dei loro genitori, eppure non esistono servizi strutturati per aiutare i genitori a preservare i figli dai loro conflitti e dalle trappole delle alleanze.
È nostro convincimento che l’integrazione tra i servizi sia la strategia da privilegiare a fronte dell’aumento dei bisogni e della diminuzione delle risorse. Occorre cioè offrire servizi mirati direttamente ai bambini, ma anche alle famiglie e alle comunità territoriali.
Le nostre politiche socio-educative sono ancora troppo carenti e frammentarie.
L’integrazione tra i servizi deve mettere a sistema i diversi livelli istituzionali e le diverse gestioni, competenze e professionalità presenti nei contesti territoriali. Le divisioni tra sociale e sanitario, pubblico e privato, operatori e volontari producono sovrapposizioni, duplicazioni di servizi e costi maggiori.
Occorre perciò interconnessione tra servizi pubblici e una pluralità di attori sociali: il terzo settore, le cooperative sociali, il privato sociale (e non), le associazioni di volontariato, sportive e culturali e altri servizi che integrano, e non si sostituiscono, al welfare pubblico a cui spetta la governance.
L’integrazione di risorse, di competenze e di responsabilità rappresenta certamente una via da percorrere ma prima di tutto è necessario che la politica decida di affrontare come una priorità vera del Paese il drammatico problema della povertà delle sue bambine e dei suoi bambini.
On. Sandra Zampa, vicepresidente Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza
On. Vanna Iori, responsabile PD politiche per l’infanzia e l’adolescenza