Un piano nazionale per l’infanzia
Articolo di Sandra Zampa e Vanna Iori su Il Sole 24 Ore del 30 gennaio 2016
Lotta alla povertà; servizi socio educativi per la prima infanzia e qualità della scuola, integrazione scolastica e sociale; sostegno alla genitorialità, sistema integrato dei servizi e accoglienza. Sono queste le quattro aree tematiche del IV Piano d’azione per l’infanzia e l’adolescenza ai suoi ultimi passaggi prima del via libero definitivo che arriverà con decreto del Presidente della Repubblica. Un anno di analisi e studio dell’Osservatorio sulle politiche per l’infanzia (ricostituito nel 2014 dal ministro Poletti dopo due anni di vuoto) cui partecipano Comuni e Regioni, associazioni, privato sociale, esperti, rappresentanti del sindacato e delle professioni che operano per la tutela, la realizzazione e il rispetto dei diritti dei minori. A che serve un Piano d’azione per l’infanzia e l’adolescenza? A disegnare un modello di Paese prima di tutto, perché il modo con cui si guarda all’infanzia rivela molto di più che la semplice esistenza di attenzione e sensibilità dei governi alla vita dei piccoli cittadini e ai loro diritti. A progettare il futuro perché gli investimenti di oggi sull’infanzia fanno crescere talenti e saperi indispensabili a un paese domani.
Ci piace immaginare che possa rivelarsi la base di un nuovo “patto sociale” per l’infanzia che giunge in un momento fortemente segnato da eventi recessivi e in un Paese a “demografia debole”: 13.8 la percentuale della popolazione tra 0 e 14 anni sul totale complessivo (è di 21.7% quella degli ultra sessantacinquenni) e una quota di spesa sociale destinata a famiglie e minorenni tra le più basse d’Europa. Proprio il contesto sociale ed economico in cui si colloca fa di questo Piano un’opportunità più importante che mai per il Paese. Lo hanno compreso i suoi estensori collocando la lotta alla povertà materiale ed educativa al primo posto e indicandola come un obiettivo da perseguire con un insieme di misure. Se davvero l’Italia si impegnasse a garantire ai suoi minori condizioni di uguaglianza nell’accesso alle risorse su tutto il territorio nazionale avremmo avviato un cambiamento epocale del Paese. Si tratta di un obiettivo ambizioso che passa dall’approvazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) centrate sui diritti (art. 117 della Costituzione) e dalla loro effettiva esigibilità. Il Piano chiama in causa anche Regioni e Comuni disegnando un sistema di governance complessivo delle politiche destinate all’infanzia e all’adolescenza. La semplice privazione dell’accesso alla mensa disposta da amministrazioni comunali può avviare percorsi di esclusione e determinare un aggravamento delle condizioni di deprivazione di bambine e bambini vulnerabili e incolpevoli. In un sistema basato sui LEP questa eventualità non potrebbe più esistere.
Nel Piano nazionale è infine emersa come particolarmente importante la raccomandazione per il sostegno alla genitorialità. A fronte di una trasformazione delle famiglie in cui non solo è diminuita la dimensione media (1,3 componenti) ma sono aumentati l’isolamento e la solitudine, occorre promuovere interventi e servizi di cura e sostegno alla quotidianità, di incentivo alle competenze educative genitoriali per riconoscere e accrescere le risorse presenti in ogni famiglia, oltre ad accogliere e prevenire le fragilità. È necessario, a tal fine, implementare il sistema locale dei servizi per garantire livelli essenziali per tutte le famiglie, ma anche innovare la prospettiva del welfare familiare di prossimità tramite interventi di affiancamento sul modello family to family.
Gli impegni che possono essere assunti a sostegno della genitorialità sono quindi molteplici: occorre, ad esempio, favorire il recupero delle relazioni familiari disfunzionali intervenendo nei confronti dei genitori maltrattanti così come occorre rafforzare percorsi di accompagnamento appropriato nell’ambito dell’iter adottivo o affidatario. È auspicabile che queste indicazioni, come altri interventi da mettere in campo in diversi ambiti, possano rientrare in una logica complessiva che punti a tutelare sempre lo sviluppo sereno dei figli. Ad esempio sul versante della salute occorre agire su diverse aree: dalla corretta alimentazione (lotta all’obesità e disturbi del comportamento alimentare) all’attività motoria, dalla salute mentale alle diverse forme di dipendenza (da sostanze o dalla rete internet), dall’educazione alla sessualità alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, dedicando un’attenzione speciale all’educazione alla vita emotiva e all’affettività.
Importante è quindi la prevenzione delle diverse forme di disagio sociale, educativo e relazionale a partire dal lavoro “su” e “con” le famiglie, perché un reale e concreto aumento dei diritti dei bambini e delle bambine nasce innanzitutto quando il calore delle relazioni familiari sa aprirsi al contesto della comunità.
Sandra Zampa è vicepresidente Bicamerale Infanzia e deputato del Pd
Vanna Iori è deputato del Pd