L’intervento
Può vincere solo un PD più vicino ai cittadini
Articolo di Sandra Zampa su L’Unità del 27 luglio 2012
“Siamo, secondo me, ad una svolta, non soltanto politica ma anche e soprattutto umana e sociale! Ovviamente il terremoto ha esasperato tutte le dinamiche e tutte le relazioni. E possiamo decidere di cambiare oppure possiamo continuare a parlare esclusivamente a noi stessi come fin troppo si è fatto fino ad ora!
Io non posso stare in un partito fatto così, fatto di persone prima che di idee, fatto di piazzamenti prima che di impegno, indeciso su temi centrali quali le alleanze, la legge elettorale, i diritti civili e così via. A quando il rinnovamento di cui si parla? E non mi riferisco ad un rinnovamento anagrafico (il terremoto mi ha insegnato che nuovo e sicuro non sempre sono sinonimi!).
Vorrei una rivoluzione! Una rivoluzione culturale, delle idee di futuro, senza paura di abbandonare schemi ormai obsoleti, strutture ormai fuori dal tempo e con il coraggio di proiettarsi verso il domani prendendo per mano i nostri simpatizzanti, i nostri elettori e, più in generale, i nostri cittadini”.
Queste parole mi sono sembrate belle ma soprattutto vere e le condivido. Per questo ho deciso di metterle in comune tra noi. Sono scritte in una mail indirizzatami da Luca Gherardi, giovane democratico, generoso e vivace amministratore di uno dei comuni emiliani colpiti dal terremoto. Gli proporrei solo una piccola integrazione: benissimo prendere per mano cittadini ed elettori, ma indispensabile anche farsi prendere per mano da loro. Le ho rimuginate a qualche giorno di distanza da quell’Assemblea nazionale che ha lasciato molti con l’amaro in bocca.
Non tanto per la polemica sulle coppie di fatto, tema che mediaticamente ha dominato e coperto tutto, ma per il metodo con cui è stata condotta a conclusione. Per quella scelta di fare appello al regolamento parlamentare per evitare che venissero messi al voto altri ordini del giorno che definirei semplicemente “innocenti” o normali, come quello relativo alla richiesta di rispettare un principio previsto dallo statuto laddove, all’ articolo 21, si dice in modo chiaro che non si è candidabili per più di tre mandati (ma vanno letti anche i commi 6 e 7 dello stesso articolo) o che si richiedono primarie per i parlamentari.
Io amo le regole quando siano poche, chiare, finalizzate a rendere piu’ libero e piu’ efficace il confronto politico, quando siano rispettate e fatte rispettare da tutti. Ma detesto l’ossessione regolamentare che gia’ mentre si realizza, lascia intendere che, alla bisogna, si troveranno gli opportuni aggiustamenti.
Ho apprezzato senza esitazioni la scelta di Bersani di indire primarie rinunciando al diritto di candidarsi alla premiership come lo statuto prevede. Intelligenza politica e saggezza sanno spesso andare oltre le regole senza violarne lo spirito.
Questo non è accaduto in Assemblea dove abbiamo visto e subito comportamenti non rispettosi della democrazia, con atteggiamenti più simili a quelli di un ragioniere alle prese con i conti che con una politica che sa guardare avanti: tre mandati devono equivalere a 15 anni pieni. Se la si vuo mettere sul piano ragioneristico si potrebbe replicare chiedendo che, allo scadere del 15mo anno, l’eletto si dimetta lasciando subentrare altri.
E’ triste vedere ridotta la politica del Pd così. Eppure la rivoluzione che chiede il giovane amministratore emiliano (e assicuro che è in grande, grande compagnia!), arriverà: quando il Pd sarà di chi ne sa interpretare lo spirito e la cultura politica. Stanno ben fissati nel Manifesto dei valori.
E’ curioso ritrovarci persino le stesse parole del giovane amministratore: “La nascita del Partito Democratico – vi si legge- ha creato le condizioni per una svolta non soltanto politica, ma anche culturale e morale, nella vicenda italiana…“.
E poco più sotto prosegue: “ridare voce ai giovani è essenziale perché sono loro a porre quella domanda di valorizzazione dei talenti e delle energie e di liberalizzazione della società che è ormai ineludibile. La possibilità e la necessità stessa di questo disegno sono nelle cose“.
Ed è davvero singolare che dalle pagine di un quotidiano nazionale, il sindaco Pisapia – che stimo sinceramente- indichi ai democratici la via che l’Ulivo prima e il Pd poi (ma più spesso sulla carta che nei fatti) hanno esplorato e percorso ben prima di lui con successo innestando società civile nell’organizzazione partitica, disegnando il programma dal basso, parlando alla gente, anzi prendendola per mano, portando idee nuove capaci di guardare al futuro.
Solo così si è vinto quando si è vinto. Solo cosi’ saremo il Pd che, unica forza politica nel Paese, puo’ salvarlo.
Colpa nostra se non siamo stati capaci di tenercele strette quelle due vittorie e di distinguere il grano dal loglio. Non si illudano i ragionieri: il futuro bussa già alle nostre porte.