Zampa: l’app? Utile anche se l’adesione sarà sotto il 60%
Intervista di Lorenzo Salvia a Sandra Zampa su Il Corriere della Sera del 24 aprile 2020
Sandra Zampa, sottosegretaria alla Salute, c’è il rischio che l’app per mappare i contatti si trasformi in una gigantesca violazione della privacy?
«No, assolutamente. Ci sarà il massimo della sicurezza: ad essere tracciati saranno i contatti con gli altri, non gli spostamenti. E mi sorprende questo allarme quando ogni giorno molti di noi mettono a disposizione i propri dati su internet per motivi molto più futili».
Ma ci sono anche i dubbi di 300 esperti del settore.
«Quelle sono domande, non proteste. E noi ascolteremo tutte le domande, che sono benvenute. Alcune risposte le abbiamo già date: il sistema sarà open source, i dati resteranno in Italia. Personalmente credo che potrebbero avere accesso i medici di base, ma la valutazione è in corso».
Ma come funzionerà?
«Sarà il diretto interessato ad attivare sulla app la funzione “positivo”. A quel punto le persone che ha incontrato negli ultimi 14 giorni, da vicino e per un tempo congruo, riceveranno un messaggio, naturalmente se hanno l’app. E potranno contattare il loro medico».
Ma se le adesioni resteranno al di sotto del 60% non servirà a nulla.
«Non è più così. Quella soglia valeva quando la app era stata pensata come l’unico strumento per la fase due. Ma di strumenti ce ne saranno anche altri, come i tamponi precoci e i test sierologici. Oltre alla cosa più importante, e cioè quel rafforzamento della medicina del territorio che già prima dell’emergenza avevamo cominciato a irrobustire e che il coronavirus ha dimostrato essere quanto mai necessario. Quindi anche al di sotto del 60%, l’app sarà utile lo stesso».
Dice così perché quella soglia è irraggiungibile?
«No, l’obiettivo resta quello. E credo che sarà centrato, perché gli italiani dimostreranno lo stesso senso civico avuto nella prima fase, rimanendo a casa. Certo, più alta è l’adesione, più il sistema è efficace».
Quindi state pensando a degli «incentivi»?
«Più che incentivi, parola che sa di commerciale, parlerei di ulteriori servizi al cittadino, ovviamente in caso di consenso del diretto interessato. Ad esempio la possibilità di ricevere sulla app le ricette del medico, i certificati. E poi, più avanti, potremmo avviare strumenti per fare una prima diagnosi a distanza».
E funzioneranno come incentivi?
«Lo spero. Spesso ammiriamo i Paesi del Nord Europa per la loro efficienza.
Adesso sta a noi scegliere se vogliamo andare avanti con le scartoffie oppure chiedere un mano alla tecnologia. In piena sicurezza».