Atto Camera – Interrogazione a risposta orale 3-01864
presentato da
ZAMPA Sandra
testo di
Martedì 24 novembre 2015, seduta n. 528
ZAMPA, QUARTAPELLE PROCOPIO, D’INCECCO, CARRA, GNECCHI, IORI, CARLONI, MOGNATO, RUBINATO, BRUNO BOSSIO, VENITTELLI, MARCHI, VALIANTE, GANDOLFI, GIUSEPPE GUERINI, MATTIELLO, TENTORI e LATTUCA.
— Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. —
Per sapere – premesso che:
la notte del 3 ottobre 2015, raid aerei americani hanno colpito in modo continuativo il centro tramautologico Kunduz Trauma Centre (KTC), in Afghanistan gestito dall’organizzazione internazionale medico-umanitaria, Medici Senza Frontiere (MSF). Nel raid sono morte 30 persone, di cui 13 membri dello staff di MSF, 10 pazienti e 7 persone che non è stato possibile identificare;
a quanto si apprende dall’Organizzazione MSF, il Governo americano ha ammesso l’errore ed espresso le proprie scuse con una telefonata del presidente Obama alla presidente dell’Organizzazione dottoressa Joanne Liu;
MSF lavora a Kunduz dal mese di agosto 2011, quando è stato aperto il centro traumatologico. Il KTC era l’unica struttura del suo genere nel nord-est dell’Afghanistan. Il centro traumatologico forniva assistenza chirurgica gratuita di alto livello alle vittime di traumi generici, come gli incidenti stradali, e ai pazienti che si presentavano con lesioni da conflitto, per esempio esplosioni di bombe o colpi di arma da fuoco. L’ospedale aveva 92 posti letto, che erano aumentati eccezionalmente a 140 alla fine del mese di settembre 2015 per far fronte al numero senza precedenti di ricoveri. Il KTC era dotato di un reparto di emergenza, tre sale operatorie e un’unità di terapia intensiva, nonché di reparti di radiologia, farmacia, fisioterapia e laboratori;
il centro traumatologico impiegava un totale di 460 dipendenti. Dall’apertura del KTC nel 2011, erano stati effettuati oltre 15.000 interventi chirurgici ed erano stati trattati più di 68.000 pazienti in emergenza;
il 5 novembre 2015 MSF ha pubblicato un rapporto interno che esamina gli attacchi del 3 ottobre da parte delle forze statunitensi sull’ospedale di MSF nell’Afghanistan settentrionale. L’analisi cronologica dei fatti che si sono susseguiti, durante e immediatamente dopo gli attacchi aerei, attesterebbero che non vi sarebbe stata alcuna ragione per cui l’ospedale dovesse essere colpito. Non c’erano combattenti armati o combattimenti nell’area dell’ospedale;
l’analisi redatta da MSF mostrerebbe i fatti all’interno dell’ospedale nei giorni precedenti e durante l’attacco. Il rapporto comprende i dettagli della disposizione delle coordinate GPS e il registro delle telefonate da parte di MSF alle autorità militari nel tentativo di fermare gli attacchi aerei;
sulla base del diritto internazionale umanitario, MSF aveva raggiunto l’accordo di rispettare la neutralità dell’ospedale con tutte le parti in conflitto;
la dottoressa Joanne Liu, presidente internazionale di MSF ha dichiarato: «Noi abbiamo rispettato gli accordi – il centro traumatologico di MSF a Kunduz era un ospedale pienamente funzionante e al momento degli attacchi aerei erano in corso degli interventi chirurgici. Il divieto di ingresso alle armi nelle strutture di MSF è stato rispettato e il personale ospedaliero aveva il pieno controllo della struttura prima e durante attacchi aerei»;
il direttore generale di MSF dottor Christopher Stokes ha dichiarato: «Stanno circolando alcuni resoconti pubblici che affermano che l’attacco al nostro ospedale potrebbe essere giustificato dal fatto che stavamo curando dei talebani. Ai sensi del diritto internazionale, i combattenti feriti sono pazienti, non devono subire attacchi e vanno curati senza discriminazioni. Il personale medico non dovrebbe mai essere punito o attaccato perché fornisce cure ai combattenti feriti». La dottoressa Liu ha, altresì, dichiarato: «L’attacco ha annientato la nostra capacità di soccorrere i pazienti nel momento in cui ne hanno più bisogno. Un ospedale funzionale che cura pazienti non può così facilmente perdere il suo status di protezione ed essere attaccato»;
secondo quanto reso noto da MSF tra i 105 pazienti al momento dei bombardamenti, vi erano, infatti, combattenti feriti di entrambe le parti in conflitto a Kunduz, così come donne e bambini;
le conclusioni del documento di MSF rilevano che:
- «prima dell’attacco, l’accordo di rispettare la neutralità della struttura medica in base alle sezioni applicabili del diritto umanitario internazionale era pienamente in atto e concordato con tutte le parti in conflitto;
- al momento dei bombardamenti, il KTC era completamente funzionante come ospedale, con 105 pazienti ricoverati e interventi chirurgici in corso;
- al momento dei bombardamenti, le direttive di MSF in ospedale erano attuate e rispettate, compresa la politica del “no alle armi” e MSF era in pieno controllo dell’ospedale;
- al momento dei bombardamenti, non c’erano combattenti armati all’interno del complesso ospedaliero e non c’erano combattimenti in corso provenienti dal KTC o nelle immediate vicinanze;
- le coordinate GPS fornite a tutti i gruppi armati erano corrette e le équipe di MSF a Kabul e New York avevano preso i contatti necessari per avvisare le parti in conflitto degli attacchi aerei.
Sulla base di queste conclusioni, è urgentemente necessario un riconoscimento ampiamente concordato e inequivocabile delle regole pratiche in base alle quali gli ospedali operano nelle zone di conflitto. Ciò significa:
un ospedale funzionante che cura pazienti, come quello di Kunduz, non può semplicemente perdere la protezione ed essere attaccato;
i combattenti feriti devono essere trattati senza discriminazione e non possono essere attaccati, il personale medico non può essere punito o attaccato perché fornisce cure ai combattenti feriti»;
considerata la sequenza di attacchi alle strutture sanitarie che si stanno verificando con sempre maggiore intensità nei conflitti attuali (dal Sud Sudan allo Yemen, dalla Siria all’Afghanistan), l’Organizzazione MSF ha richiesto al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ulteriori iniziative di natura diplomatica per riaffermare i princìpi del diritto internazionale umanitario e il rispetto delle Convenzioni di Ginevra e, dal giorno dei raid americani, si è mobilitato a livello internazionale e in particolare affinché fosse attivata la Commissione umanitaria internazionale per l’accertamento dei fatti (International Humanitarian Fact-Finding Commission) prevista e mai attivata dal primo protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1977;
la Commissione ha dato la propria disponibilità ad un’indagine imparziale e indipendente sui fatti, tuttavia per iniziare la sua attività necessita del consenso dei due Stati parti in causa, nello specifico Stati Uniti e Afghanistan. La richiesta da parte della Commissione è stata resa ufficiale per mezzo di due lettere identiche fatte arrivare ai rispettivi Governi il 7 ottobre 2015;
è di fondamentale importanza che si faccia luce sull’evento e che la Commissione possa espletare il suo mandato fino ad oggi silente –:
se il Governo non ritenga opportuno intraprendere iniziative affinché il Governo statunitense autorizzi la International Humanitarian Fact-Finding Commission ad avviare l’indagine sugli avvenimenti del 5 novembre 2015 che hanno coinvolto il centro tramautologico di Kunduz in Afghanistan, onde far luce pienamente sugli eventi e riaffermare i princìpi del diritto internazionale umanitario ed il rispetto delle Convenzioni di Ginevra.
(3-01864)