Lo sport insegna accoglienza, giustizia e amore. Alla politica il compito di promuoverlo
Intervento di Sandra Zampa al convegno “Umanesimo e sfide educative attraverso lo sport” organizzato dal Centro Sportivo Italiano il 24 ottobre 2015
Signore, signori, amici,
grazie anzitutto per l’invito ad essere qui oggi nella cornice del seminario dal titolo “Umanesimo e sfide educative attraverso lo sport” .
Nell’ambito di questo tema viene subito da chiedersi come definire l’educazione. Essa può definirsi come l’itinerario che un individuo, gruppo o comunità che sia, compie con l’aiuto dell’educatore o degli educatori, verso un dover essere, un fine che si ritiene valido per l’uomo. In questa prospettiva vi possono essere percorsi diversi di questo itinerario, capaci di accompagnare il singolo o un gruppo per un tratto di esistenza o per l’esistenza intera, così lo sport.
Proprio ad esso si tende unanimemente a conferire una valenza pedagogica particolare, ritenendolo componente essenziale della nostra società, capace di trasmettere tutte le regole fondamentali della vita sociale e portatore di valori educativi fondamentali quali tolleranza, lealtà, spirito di squadra, di trasformare l’appartenenza al branco appunto in appartenenza alla squadra.
Lo sport è in sostanza molto di più che semplice divertimento o faticoso confronto alla ricerca di una vittoria: è invece un tempo privilegiato di conoscenza di se stessi e degli altri, di convivenza con essi, ed anche di apertura ad una visione integrale dell’uomo.
Chi opera con intenzionalità educativa nel mondo sportivo, specie giovanile, sa che i due elementi essenziali dello sport il gioco e l’agonismo possono diventare tappe di partenza nello sviluppo integrale della persona.
Ma lo slancio agonistico non educato porta alla ricerca del risultato ad ogni costo, a cercare la vittoria come valore assoluto, anche mettendo in atto comportamenti altamente scorretti e lesivi per la salute quali il doping, a giocare “contro” anziché “con” gli avversari e persino a farli apparire come nemici. I limiti, gli ostacoli, i fallimenti, gli infortuni, le delusioni, le sconfitte sono materia prima dello sport: dall’atteggiamento verso di essi dipende il crescere attraverso lo sport stesso.
Con l’attenzione ai valori più alti dell’esistenza umana lo sport rivela la dimensione essenziale dell’uomo sia come essere “finito” (sconfitta, infortuni, incapacità di altruismo o ad accettare un verdetto negativo) sia come essere “in-finito”, capace di risorgere in ogni tentativo di superare i propri limiti.
Queste considerazioni se possono essere applicate ad ogni età, tanto più valgono e a maggior ragione se riferite all’infanzia e all’adolescenza, periodi della vita in cui ci si forma e ci si prepara ad essere gli uomini di domani.
Se lo sport è di fatto un’utile palestra di preparazione alla vita ed ai valori umani più alti, è tuttavia vero che non a tutti i ragazzi è dato di praticare sport, e una delle cause principali è oggi data dallo stato di povertà in cui versano le famiglie.
Il IV Piano Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza di prossima presentazione rileva che nel nostro Paese i bambini e gli adolescenti sono i soggetti più vulnerabili alle situazioni di povertà ed esclusione sociale, fenomeni che determinano nel presente e nella vita futura una catena di svantaggi a livello individuale in termini di più alto rischio di abbandono scolastico, più basso accesso agli studi superiori e al mondo lavorativo, e più in generale di una bassa qualità della vita.
C’è oggi un divario da colmare tra la gravità di ciò che sta avvenendo nella vita dei bambini e gli strumenti di contrasto attualmente in campo. L’azione è tanto più urgente quanto più si è ridotto in Italia il livello di mobilità intergenerazionale, il benessere e il futuro dei bambini è sempre più condizionato dallo status socio economico dei loro genitori, dal luogo in cui vivono, dalla loro appartenenza etnica, etc.
La Raccomandazione dell’Unione Europa ”Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale” dedica una particolare attenzione al diritto dei minorenni a partecipare alla vita sociale quale modalità per contrastare la loro esclusione.
Nella Raccomandazione, la prima indicazione in questo ambito è ad incoraggiare la partecipazione di tutti i minorenni ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali. Siamo qui nell’ambito dell’apprendimento informale, e per garantire parità di accesso viene raccomandato di eliminare gli ostacoli legati al costo, o alle differenze culturali, invitando le scuole, ma anche le autorità locali, a prevedere attività e servizi parascolastici per tutti, a prescindere dalle possibilità economiche delle famiglie di appartenenza dei minorenni.
In Italia sono molti i bambini e gli adolescenti che non hanno la possibilità di crescere attraverso lo sport, il contatto con la bellezza e la cultura. Occorre tener presente che le differenze di reddito dei genitori incidono sull’opportunità di fruire di diversi tipo di intrattenimento, o praticare sport, utilizzare internet e leggere libri. Se le cause di disagio e di esclusione sono molteplici in un contesto sociale complesso come quello contemporaneo altrettanto multidimensionale deve essere la risposta della società civile e delle istituzioni, a salvaguardia di un principio di benessere allargato a un’intera comunità e non solo al singolo individuo e la valorizzazione all’interno della scuola di iniziative sportive, musicali e artistico-culturali quali veicoli privilegiati dell’inclusione e dell’integrazione.
Il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla povertà minorile condotta dalla Commissione Bicamerale Infanzia di cui sono stata relatrice unica e approvato nel dicembre scorso, ha evidenziato che tale fenomeno colpisce fasce di età sempre più basse, interessando, oltre al Sud, anche vaste aree del Nord, con effetti che si spingerebbero oltre le mere privazioni materiali, costituendo sempre più spesso un sinonimo di deficit sociale per migliaia di ragazzi, i quali risulterebbero altresì esclusi dallo sport, dalla cultura, dalla possibilità di intrattenere relazioni sociali con i propri coetanei.
Sono stati presentati alla Commissione anche i dati relativi all’attività fisica e sportiva praticata dai ragazzi a scuola: questi ultimi escono dal loro percorso scolastico con circa 500 ore di educazione fisica, mentre in Europa la media è pari al doppio delle ore. In effetti, in alcune regioni sono pochissimi i ragazzi che praticano attività fisica, e tale situazione ha effetto non solo sulle condizioni di salute dei nostri giovani, bensì anche in termini di socialità tra gli stessi. Lo sport, infatti, crea legami e risulta un elemento fondamentale ai fini di un sano ed equilibrato sviluppo educativo.
La recente scelta fatta dal Governo di inserire all’interno della Legge di Stabilità 2016 importanti e specifici interventi sul tema della povertà minorile rappresenta insieme una forte attenzione ed una grande preoccupazione al fenomeno.
La necessità che nessuno dei ragazzi presenti sul nostro territorio sia escluso dalla possibilità di poter contare su di uno sviluppo armonioso di crescita risponde ad uno dei principi sanciti nella Carta dei diritti dei bambini nello sport dell’UNESCO (Service des Loisirs, Geneve, 1992) dove uno dei diritti riconosciuti è esattamente il Diritto di fare sport .
In questo la politica nazionale ha una grande responsabilità ed ha il dovere di promuovere ed incentivare con ogni mezzo utile il rispetto di tale diritto.
Pio XII, ancora negli anni dell’immediato dopoguerra, affermava che “lo sport è un bene educativo di cui nessun ragazzo dovrebbe fare a meno” e ancora il 9 ottobre del 1946 durante un’udienza proprio del Centro Sportivo Italiano, asseriva che “Lo sport è fonte di beni fisici ed etici, va proposto a tutti i giovani, anche ai più disagiati”. E recentemente papa Benedetto XVI nel messaggio al seminario “Sport, educazione, fede” del 2010 affermava che “l’attività sportiva rientra tra i mezzi che concorrono allo sviluppo armonico della persona e al suo perfezionamento morale”.
Quando è in grado di centrare e vincere la sfida educativa che porta in sé, lo sport forma ad uno stile di vita improntato ai valori dell’accoglienza, della giustizia e dell’amore per se stessi e per l’altro, accolto come “dono”, e può essere praticato al di là di ogni barriera e di ogni confine fisico e sociale. Alla politica il compito di promuovere e favorire le condizioni perché tutto questo si realizzi.
Sandra Zampa, vicepresidente Bicamerale Infanzia e Adolescenza